don. Mosè

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Sono Sacerdote Eritreo. Vivo in Italia dal 1992 Attualmente studio alla Pontificia Università Urbaniana Mi occupo dei diritti dei migranti, inparticolare dei richiedenti asilo politico e Rifugiati politici. Sono impegnato a favore dei diritti umani e civili degli Eritrei ed Etiopi.

mercoledì 13 agosto 2008

http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?p=8164348

Guerra nel Mediterraneo






tratto da: peacereporter.net

Roman Herzog, con un audio documentario, racconta il dramma dei migranti e le responsabilità Ue. Qui intervistato da Peace Reporter


L’agenzia per il controllo delle frontiere europee, Frontex, ha iniziato nella primavera del 2007 il suo lavoro di pattugliamento e respingimento dei migranti in alto mare in collaborazione con gli stati confinanti, per costringere i migranti con mezzi militari a cambiare rotta. Da allora le cifre dei morti annegati si sono raddoppiate. Guerra nel Mediterraneo, un audio documentario di Roman Herzog, per la radio pubblica tedesca, racconta tutto questo, grazie a molteplici interviste originali e oltre a documenti ufficiali e segreti questa guerra, Da dieci anni Herzog produce documentari per la Ard, radio pubblica tedesca.
Da dove nasce, in un’epoca segnata dall’approcio visuale alla notizia, la scelta di un audio documentario?
Spesso privilegio i lavori audio, perché per certi temi e certi interlocutori, a volte, con la telecamera non riesci a ottenere le informazioni. Con il microfono è più facile accedere alle persone. Si aprono di più e penso a profughi o militari.
Quanto è durato il lavoro di produzione di Guerra nel Mediterraneo?
’’Il lavoro finito è stato il prodotto di otto mesi, ma in realtà il progetto nasce nel 2004, con il caso Cap Anamour. Per la prima volta ho avuto per le mani i documenti che provavano come l’Ue avesse preso a organizzare campi di detenzione per i migranti in Nord Africa. A quel punto ho proposto alla mia redazione in Germania la storia che, nel 2004, era un tema molto molto caldo, anche se il caso Cap Anamour venne trattato in modo molto differente rispetto all’Italia. In Germania l’ong tedesca venne trattata male dai media. Oggi la percezione è cambiata, e alcuni sostengono che sia ingiusto accusarli, ma all’epoca dei fatti nessuna redazione voleva trattare un argomento così spinoso e pieno di implicazioni politiche. Nonostante questo, non ho mai smesso di fare ricerche, soprattutto negli archivi dell’Ue, dove non si capisce nulla e ci metti settimane a trovare quello che sai che c’è. Diciotto mesi fa l’ho riproposto e questa volta la redazione ha accettato. Era intanto iniziato il processo della Cap Anamour, e così sono andato avanti fino al documentario finale’’.
In questi anni che idea ti sei fatto del clima nell’Ue rispetto al tema migranti? Condividi la percezione diffusa che, qualsiasi sia il governo nei paesi dell’Unione, di centrodestra o di centrosinistra, le politiche rispetto agli immigrati sono tutte egualmente di chiusura totale?
Per certi versi sono d’accordo anche io, esiste a tratti una sorta di pensiero unico, anche da un punto di vista culturale. ma non bisogna generalizzare, perché ci sono situazione differenti. Per esempio, in questo lavoro, la Guardia di Finanza ha accettato di parlare. E lo fa perché vogliono sottolineare che ’’noi non siamo cattivi, non li trattiamo male, anzi salviamo vite umane’’. C’è sempre un gioco, tra i politici e le forze dell’ordine, che dimostra come poi in fondo tanto uniti non sono. Sulle politiche dell’immigrazione, decise dall’Ue, impera il pensiero unico, ma nella pratica emergono delle differenze. Sono in Italia da cinque anni, ma conosco molto bene la situazione in Germania al confine con la Polonia e mi riferisco al periodo nel quale Varsavia non faceva parte dell’Ue. I tedeschi sono sempre stati i più duri, e non si fanno alcun problema di sentirsi dire da Amnesty che violano i diritti umani. Il governo risponde che tutto viene fatto nel quadro delle leggi comunitarie, e questo rende difficile anche impugnare certi provvedimenti, magari con un’inchiesta parlamentare. Ormai i politici possono permettersi di fare quello ce vogliono.
Rispetto alle considerazioni che hai fatto sulla Germania, come ti sembra che sia cambiata la percezione, nei cinque anni che hai passato in Italia, rispetto ai migranti?
Si, un cambiamento c’è stato. E non solo in italia, anche in Germania, si percepisce un imbarbarimento generale. E’ un trend culturale. Ogni giorno sono sempre più evidenti le tragedie che spingono queste persone a lasciare il loro Paese e cercare riparo all’estero. Ma allo stesso tempo c’è un sentimento d’indifferenza, come se fosse normale che accada. Mi sono spaventato quando ho visto bruciare in tv i campi rom a Napoli...cose del genere prima erano inimmaginabili. Nonostante questo, per esempio in Sicilia,dove vivo, continuo a vedere un atteggiamento umano e la maggioranza delle persone comprende i drammi dell’immigrazione. In Germania, purtroppo, non è così. Anche se i migranti non ci sono praticamente più. Negli anni Novanta arrivavano 200mila persone all’anno, adesso ne arrivano si e no 15mila all’anno, eppure senti sempre parlare di ’invasione’. E’ solo un argomento politico, strumentalizzato da destra come da sinistra. Com’è accaduto anche in Italia.
In questo clima in tutta Europa c’è da sperare che avremo mai una vera inchiesta parlamentare, almeno a livello europeo, sui centri di detenzione in Nord Africa?
Me lo auguro. Il mio lavoro, come quello di molti altri, vuole essere un contributo in questo senso. Si cerca di raccogliere testimonianze e prove di quello che accade. Se facciamo bene il nostro lavoro, possiamo essere utili per il lavoro di Amnesty o di certi parlamentari e contribuire ad avviare un’inchiesta seria. Perché non è tollerabile che tutto questo accada sotto gli occhi di tutti.
Christian Elia

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