don. Mosè

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Roma, Italy
Sono Sacerdote Eritreo. Vivo in Italia dal 1992 Attualmente studio alla Pontificia Università Urbaniana Mi occupo dei diritti dei migranti, inparticolare dei richiedenti asilo politico e Rifugiati politici. Sono impegnato a favore dei diritti umani e civili degli Eritrei ed Etiopi.

sabato 19 febbraio 2011

La crescita della popolazione mondiale spiegata con le scatole dell'Ikea

Entro il 2060 la poplazione mondiale arriverà a 9 miliardi di persone. Ce la farà il pianeta a soddisfare le esigenze di tutti? Alle condizioni attuali probabilmente no: per sopravvivere occorre migliorare le condizioni di vita dei più poveri. É la paradossale tesi di Hans Rosling, guru della statistica, che con l'aiuto di alcune scatole dell'Ikea spiega come controllare la crescita demografica.



Questa è la trascrizione della conferenza

Ricordo ancora, quando andavo a scuola. Quando l'insegnante ci disse che la popolazione mondiale era arrivata a tre miliardi. Eravamo nel 1960. Adesso vi parlerò di come la popolazione mondiale sia cambiata da allora e di come cambierà nel futuro. Ma non userò tecnologie digitali come ho fatto nelle mie prime cinque TEDTalks. Difatti mi sono evoluto. Oggi lancerò una nuova tecnologia analogica per l'apprendimento che ho preso dall'Ikea: questa scatola. Questa scatola contiene un miliardo di persone. La nostra insegnante ci disse che il mondo industrializzato, nel 1960, aveva un miliardo di persone. in quello in via di sviluppo, disse, avevano due miliardi di persone. Ed erano lontani, allora. C'era un grande divario tra il miliardo nel mondo industrializzato e i due miliardi nel mondo in via di sviluppo. Nel mondo industrializzato, le persone erano in salute, istruite, ricche, e avevano piccole famiglie. La loro aspirazione era di comprare una macchina. Nel 1960, tutti gli svedesi risparmiavano per cercare di comprare una Volvo, come questa. Questo era il livello economico dove si trovava la Svezia. Ma in contrasto a questo, nel mondo in via di sviluppo, molto lontano, l'aspirazione della famiglia media, lì, era di avere cibo per il giorno. E risparmiavano per poter comprare un paio di scarpe. C'era un divario enorme nel mondo quando sono cresciuto. E questo divario tra l'occidente e il rimanente ha creato una mentalità del mondo che usiamo ancora linguisticamente quando parliamo dell'"occidente" e "il mondo in via di sviluppo." Ma il mondo è cambiato, ed è in ritardo per cambiare questa mentalità, questa tassonomia del mondo, e per capirlo. E questo è ciò che vi mostrerò. Perché, dal 1960, ciò che è successo nel mondo fino al 2010 è che uno sbalorditivo quattro miliardi di persone si sono aggiunte alla popolazione mondiale. Guardate quante. La popolazione mondiale è raddoppiata da quando andavo a scuola. E ovviamente, c'è stata una crescita economica in occidente. Molte compagnie hanno fatto crescere l'economia, quindi la popolazione occidentale si è spostata qui. E adesso la loro aspirazione non è solo di avere una macchina. Adesso vogliono una vacanza in un posto particolarmente remoto E vogliono volare. E qui è dove sono adesso. E le nazioni in via di sviluppo che si sono sviluppate meglio, hanno avanzato. E sono diventate economie emergenti, come le chiamiamo. E adesso stanno comprando macchine. E ciò che è successo un mese fa è che la compagnia cinese Geely, ha comprato la Volvo. E allora gli svedesi hanno capito che qualcosa di grande è successo nel mondo. (risate) Quindi eccoli qui. La tragedia è che i due miliardi qui che combattono per cibo e scarpe, sono ancora poveri quasi quanto lo erano 50 anni fa. La novità è che abbiamo la più grande pila di miliardi, i tre miliardi qui, che stanno a loro volta diventano economie emergenti, perché sono abbastanza in salute, relativamente ben istruite, e hanno già anche due o tre bambini per donna, come questi. E la loro aspirazione è, ovviamente, di comprare una bicicletta, e più tardi gli piacerebbe avere anche un ciclomotore. Ma questo è il mondo che abbiamo oggi. Niente più divari. Ma la distanza tra i più poveri, i veramente poveri, dai veramente ricchi qui, è maggiore che mai. Ma c'è una continuità nel mondo da camminare, pedalare, guidare, volare -- persone su tutti i livelli. E la maggior parte è da qualche parte nel centro. Questo è il mondo che abbiamo oggi nel 2010 Cosa accadrà in futuro? Bene, mi proietterò nel 2050. Sono stato a Shanghai recentemente. E ho ascoltato ciò che sta accadendo in Cina. E' abbastanza certo che ci raggiungeranno, come ha già fatto il Giappone. Tutte le proiezioni -- questo crescerà dell'uno o due per cento. E questo cresce del setto, otto. E finiranno qui sopra. Cominceranno a volare. E queste le nazioni a basso o medi reddito, le economie emergenti, loro anche imiteranno la salita economica. E se, ma solo se, investiamo nelle giuste tecnologie ecologiche -- così da evitare pericolosi cambiamenti climatici, e l'energia può rimanere relativamente economica -- allora arriveranno fino a qui. E cominceranno a comprare macchine elettriche. Questo è ciò che troveremo lì. Mentre per quanto riguarda i due miliardi più poveri? Che dire dei due miliardi più poveri qui? Andranno avanti? Beh, qui la popolazione conta perché lì abbiamo già due o tre bambini per donna, la pianificazione familiare è largamente usata, e la crescita della popolazione finirà. Qui, la popolazione sta crescendo. Quindi questi due miliardi, nei prossimi decenni, cresceranno fino ai tre miliardi. E poi cresceranno fino ai quattro miliardi. Non c'è niente tranne una guerra nucleare del tipo che non abbiamo mai visto che può fermare questo avvenimento. Perché è già cominciato. Ma se, e solo se, escono dalla povertà, vengono istruiti, ottengono una minore mortalità infantile, se potranno comprare una bicicletta e un cellulare e arrivare qua, la crescita della popolazione si fermerà nel 2050. Non possiamo avere persone a questo livello a cercare cibo e scarpe, perché otterremmo una continua crescita della popolazione. Lasciate che vi mostri perché mandando indietro ai vecchi tempi la tecnologia digitale. Qui ho sullo schermo le mie bolle dei paesi. Ogni bolla è un paese. La dimensione è la popolazione. Il colore mostra il continente. Il giallo qui sono le Americhe; blu scuro è Africa; marrone è Europa; verde è il medio oriente; e questo blu chiaro è l'Asia meridionale Questa è l'India e questa è la Cina. La dimensione è la popolazione. Ecco i bambini per donna, due bambini, quattro bambini, sei bambini, otto bambini -- grandi famiglie, piccole famiglie. L'hanno è il 1960. E qui sotto, la mortalità infantile, la percentuale dei bambini che sopravvivono all'infanzia fino a cominciare la scuola. 60 per cento, 70 per cento, 80 per cento, 90, e quasi 100 per cento, com’è adesso nelle nazioni più ricche e più in salute. Guardate, questo è il mondo di cui la mia insegnante parlava nel 1960. Un miliardo l'occidente qui, bassa mortalità infantile, piccole famiglie. e il resto, l'arcobaleno dei paesi in via di sviluppo, con famiglie molto grandi e alta mortalità infantile. Cosa è successo? Avvio il mondo. Eccoci. Riuscite a vedere, come gli anni passano, la sopravvivenza infantile aumenta? Ottengono sapone, igiene, istruzione, vaccini, penicillina. E con la programmazione familiare la dimensione delle famiglie diminuisce. Arrivano al 90 per cento della sopravvivenza infantile, quindi le famiglie diminuiscono. E la maggior parte delle nazioni arabe, nel Medio Oriente sta scendendo qui sotto. Guardate, il Bangladesh raggiunge l'India. L'intero mondo in via di sviluppo raggiunge il mondo occidentale con bassa mortalità infantile e famiglie poco numerose. Ma abbiamo ancora il miliardo dei più poveri. Potete vedere il miliardo più povero? queste scatole che avevo qui? Sono ancora qui sopra. E hanno ancora una probabilità di sopravvivenza infantile solo del 70 - 80 per cento, significa che se ti nascono sei bambini, ci saranno almeno quattro che sopravvivono fino alla prossima generazione. E la popolazione raddoppierà in una generazione. Quindi l'unica strada per far davvero fermare la crescita demografica è di continuare a migliorare le probabilità di sopravvivenza dei bambini fino al 90 per cento. Ecco perché gli investimenti della Gates Foundation, dell'UNICEF e delle organizzazioni umanitarie, insieme ai governi nazionali nei paesi più poveri, sono così giusti. Perché ci stanno davvero aiutando a raggiungere una popolazione del mondo sostenibile. Possiamo fermarci a nove miliardi se facciamo la cosa giusta. La sopravvivenza infantile è il nuovo sogno. È solo la sopravvivenza infantile che fermerà la crescita della popolazione. Accadrà? Beh, non sono un ottimista, e neanche un pessimista. Sono, piuttosto, un "possibilista". È una nuova categoria dove mettiamo le emozioni da parte, e semplicemente lavoriamo analiticamente con il mondo. Può essere fatto. Possiamo avere un mondo molto più giusto. Con tecnologia verde e con investimenti per alleviare la povertà una governance globale, il mondo può diventare così. Guardate la posizione del vecchio occidente. Ricordate quando questa scatola blu era tutta sola, governando il mondo, vivendo la sua vita. Questo non succederà. Il ruolo del vecchio occidente nel nuovo mondo è di diventare il fondamento del nuovo mondo -- niente di più, niente di meno. Ma è un ruolo particolarmente importante. Fatelo bene e abituatevici. Grazie a tutti.

giovedì 10 febbraio 2011

Radio Vaticana




Fu progettata da Marconi su incarico papale. Fu inaugurata da Pio XI nel 1931. E’ la seconda radio internazionale più vecchia del mondo, dopo la Bbc. Oggi è ascoltata tramite il web in occidente ma anche in onda corta, con mezzi molto precari, fra le comunità aborigene dell’America latina.

E’ la Radio vaticana, che il 12 febbraio compie 80 anni. Di lei Avvenire parla così.

di Luigi Cobisi

Vaticana: 80 anni “in onda”

La sera del 12 febbraio 1931, dopo che il Santo Padre ebbe terminato il suo primo radiomessaggio – immediatamente tradotto in diverse lingue – l’appena fondata Radio Vaticana fu raggiunta da due studenti del Collegio Etiopico: avevano preparato un riassunto nella loro lingua e desideravano trasmetterlo. Come scrisse il quotidiano La Tribuna due giorni dopo, furono accontentati «con premura, non appena esaurite le precedenti» letture.

È davvero significativo che – alla fine di una giornata dominata dalle grandi personalità di Guglielmo Marconi e Pio XI – si trovasse uno spazio anche per quei due giovani che nessuno aspettava. Nei decenni seguenti analoga «premura» divenne per la radio del Papa un segno costante di una missione esercitata verso gli ascoltatori di 40 lingue diverse, raggiunti in onde medie e corte, in Fm, sui nuovi canali digitali (sistema Dab plus) e via internet. Il microfono passato con immediatezza ai due africani rappresentò la prima ripetizione del gesto compiuto poche ore prima da Marconi, quando, alle 16,30 di quella fredda giornata (a sera sui Giardini Vaticani c’era perfino un’insolita nebbia) consegnò la radio al Papa invitandolo a «voler far sentire la sua augusta parola al mondo». Pio XI si era preparato con attenzione a quel momento e – scelto di esprimersi in latino – si rivolse in tono biblico agli ascoltatori: «Udite e ascoltate, popoli lontani».

L’emozione fu enorme. A Roma, in tutt’Italia e dovunque nel mondo era stato possibile accendere una radio, l’ascolto della voce del Papa fece comprendere la vastità del pubblico cui la nuova emittente si dirigeva. Così fu subito evidente che per raggiungere tutti i «popoli lontani» occorreva un lavoro profondo sulle lingue e le culture di cui quel riassunto portato dagli studenti etiopici fu il primo passo. Riassunto: non una semplice traduzione bensì un lavoro redazionale che, a fianco alla chiara parola del Santo Padre, rappresentò l’inizio di una programmazione originale oggi tipica di ciascuna redazione che può contare su redattori madrelingua e su contatti continui con i rispettivi Paesi. L’Africa continua a giocare, in questo contesto, un ruolo fondamentale.

A fianco di amarico e tigrino, le lingue presenti da ottant’anni alla Radio Vaticana, trasmissioni in swahili, francese, inglese, portoghese coprono complessivamente circa 9 ore al giorno su altrettante frequenze d’onda corta dirette al continente nero, cui si aggiunge l’italiano per integrare un servizio informativo sull’Africa dal sito internet della Radio Vaticana (www.radiovaticana.org) che da circa un anno propone continui aggiornamenti su un’area tanto sensibile del mondo.

Da quando a Roma si sono poi moltiplicate le presenze straniere, la diffusione locale in modulazione di frequenza dei programmi linguistici, che riporta (su 93,30 e 103,80 MHz) lo stesso palinsesto delle onde corte utilizzate per raggiungere ogni parte del mondo, i programmi europei e per l’Oltremare hanno trovato nuovi ascoltatori. Della durata variabile tra i 15 e i 30 minuti questi programmi uniscono alla dimensione globale del messaggio del Pontefice e della Chiesa quella locale di unici programmi in lingua originale fruibili nella capitale con una semplice radiolina.

E d’altra parte la diffusione in Italia della Radio Vaticana, cioè la sua dimensione in parte romana e in parte nazionale, è da sempre un impegno irrinunciabile anche se purtroppo limitato da numerose difficoltà. Poiché la diffusione in onde medie e corte ha subìto pesanti riduzioni anche a causa della questione sul presunto elettrosmog e la Rai ha abolito le trasmissioni per l’estero smantellando i propri impianti in onde corte, l’opera della Radio Vaticana a favore degli ascoltatori italiani si è dovuta appoggiare a un’abilità tecnica che attraverso i diversi mezzi cerca di raggiungere davvero tutti.

La radio del Papa è per molti anche la voce di casa: poter ascoltare in Medio Oriente o in Africa il notiziario vaticano delle 14 in lingua italiana è un contributo fondamentale per gli italiani in quelle aree. Ma nella stessa Italia (e in Europa) le onde corte, vero patrimonio lasciatoci da Marconi e da generazioni di tecnici di primissimo ordine, permettono a tutte le trasmissioni in italiano di essere ascoltate senza difficoltà.

A fianco a queste risorse, la Radio Vaticana ha da tempo avviato la diffusione digitale che ha permesso al proprio canale in italiano (105 Live) di coprire quasi tutto il Paese attraverso il circuito Eurodab Italia. Per quanto la radio digitale non abbia ancora raggiunto in Italia uno sviluppo significativo, sono numerosi gli ascoltatori dotati di ricevitori Dab Plus solo per sentire Radio Vaticana: un pubblico fedele, per lo più silenzioso, che cerca una voce diversa, capace di prudenza e discernimento, poiché – come disse Benedetto XVI 5 anni fa visitando l’emittente – nel «mondo dei mezzi della comunicazione non mancano anche voci contrastanti. Tanto più è importante che esista questa voce, che vuole realmente mettersi al servizio della verità, di Cristo, e così mettersi al servizio della pace e della riconciliazione nel mondo».

Pubblicato su palazzoapostolico.it mercoledì 9 febbraio 2011

sabato 5 febbraio 2011


protect the human
TAKING ACTION
TOGETHER
FOR HUMAN
RIGHTS

Dear Mussie,

Yesterday we heard the shocking news that two Amnesty staff members were among 30 human rights activists, journalists and others who were detained by the Egyptian security forces. They are currently being held in an unknown location and we fear that all may be at risk of torture or other ill treatment.

Please take urgent action to insist the Egyptian authorities immediately release all those detained

The arrests are part of an unacceptable clampdown on human rights observers and journalists in Egypt in an attempt to stem independent reporting on the uprising and subsequent crackdown. Our staff and others monitoring the situation on the ground must be allowed to do their crucial work and we are demanding their immediate and unconditional release.

The events in Egypt and the wider region are moving very fast. To keep up to date with the latest developments visit our Egypt campaign pages

We will keep you posted with ways you can help.

Thank you.

Kristyan Benedict signature
Kristyan Benedict
Campaign Manager - Crisis Response & Country Priorities

Ps Next Saturday the 12 February we are calling for a day of action in central London in solidarity with the people of Egypt. More details to follow.

mercoledì 2 febbraio 2011

Video della Fiaccolata al Campidoglio per la liberazione dei Profughi Ostaggi nel Sinai

Una fiaccolata per non dimenticare gli Ostaggi nel Sinai


2 febbraio 2011

L'ODISSEA INFINITA

Eritrei, una fiaccolata
per non dimenticare

Ma ha senso sperare ancora per la salvezza dei 200 eritrei in mano ai predoni del Sinai? Don Mosè Zerai non demorde, nonostante il caos che attanaglia l’Egitto: «Il momento è drammatico – dice – ma se il paese si avvierà verso un nuovo assetto democratico, la questione dei profughi e dei diritti umani potrebbe trovare finalmente ascolto». Il sacerdote eritreo, direttore dell’Agenzia Habeshia, è in prima fila, fiaccola in mano, alla manifestazione indetta ieri sera sulla scalinata del Campidoglio. Un momento intenso di solidarietà, per tenere alta l’attenzione sulla tragedia di centinaia di uomini, donne, minori venduti dai trafficanti di migranti a bande criminali che chiedono riscatti migliaia di dollari alle famiglie.

Più di duecento le fiammelle accese, una per ogni ostaggio. Centinaia di persone, tra cui molti eritrei, affollano il Campidoglio dietro lo striscione «Per la liberazione dei profughi sequestrati nel Sinai». A promuovere la fiaccolata, assieme all’Agenzia Habeshia, ci sono il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), A Buon Diritto, il Centro Astalli. Tra le adesioni Acli, Fondazione Migrantes, Amnesty International, Comunità di Sant’Egidio, Arci, Cgil, Uil, la deputata del Pd Maria Pia Garavaglia.
I promotori ieri mattina sono stati ricevuti dai sottosegretari agli Esteri Stefania Craxi, Alfredo Mantica, Enzo Scotti.

«Abbiamo chiesto che il governo si muova a livello Ue – dice il presidente del Cir Savino Pezzotta – per attivare una evacuazione umanitaria e poi l’accoglienza nei paesi membri. Ma l’Italia e l’Europa devono fare pressioni per avviare un processo democratico, almeno quanto stanno già facendo gli Stati Uniti». «Dal "governo amico" di Mubarak – dice il presidente di A Buon Diritto Luigi Manconi – Italia ed Europa non hanno ottenuto nulla. Serve un’accelerazione: gli ostaggi non possono aspettare i tempi del rinnovamento in Egitto». Moderatamente ottimista sull’evolversi della situazione politica il portavoce della sezione italiana di Amnesty, Riccardo Noury: «Nelle manifestazioni di questi giorni in Egitto non sono riecheggiati gli slogan antiamericani.

Le fazioni fondamentaliste islamiche ci sono, ma non sembrano in grado – sostiene Noury – di creare un consenso maggioritario, anche perché in parte compromesse col vecchio sistema di potere».

«Se la transizione porterà verso la democrazia – dice padre Gianromano Gnesotto, direttore dell’ufficio profughi di Migrantes – allora anche in Egitto ci sarà spazio per i diritti umani e la giustizia». «La speranza è l’unico bagaglio di chi fugge – commenta il gesuita padre Giovanni La Manna del Centro Astalli: «Sono proprio loro a insegnarci a sperare anche nelle situazioni più drammatiche».
Luca Liverani
© riproduzione riservata

domenica 30 gennaio 2011

Fiaccolata per la liberazione dei profughi sequestrati nel Sinai Scalinata del Campidoglio - Roma 1 febbraio 2011 ore 18,00




Manifesto della fiaccolata
Da oltre due mesi sappiamo della drammatica situazione dei profughi provenienti dal Corno d’Africa
nelle mani dei trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. Sappiamo ciò grazie a familiari e amici degli
ostaggi e seguiamo con apprensione giorno dopo giorno la loro vicenda.
Inizialmente siamo entrati in contatto con 80 eritrei che provenivano dalla Libia, poi abbiamo
avuto notizie di altri 170 ostaggi, per un totale di 250 profughi sequestrati. Non sappiamo che fine
abbiano fatto 100 di essi, presumibilmente trasferiti o venduti a un altro gruppo di trafficanti. Tra il 28
novembre e il 12 dicembre 2010, 8 persone sono state uccise e altre 4 sono state sottoposte a un
intervento chirurgico per l'espianto di un rene come forma di pagamento del riscatto. A ciò si aggiunge
che, nei confronti degli ostaggi, viene esercitata una violenza quotidiana, anche sessuale. Sono
incatenati, affamati e tenuti in condizioni disumane. Da pochi giorni sappiamo dell’esistenza di un altro
gruppo di 30 profughi sequestrati. Gli unici che sono usciti da questo incubo sono quanti hanno avuto la
possibilità di pagare il riscatto grazie all’aiuto dei loro familiari e amici.
Questi i fatti, di cui rendono quotidiana e dolorosa testimonianza gli ostaggi.
Due mesi passati nel silenzio e nell’inerzia della Comunità internazionale. Ma la Comunità
internazionale non può assolutamente ritenersi estranea a questa vicenda. Non può essere taciuto
infatti che questa drammatica situazione è una delle conseguenze della politica europea di chiusura
delle frontiere che sempre più, attraverso la costruzione di muri fisici o legali e amministrativi,
allontana le persone che cercano protezione dal nostro continente.
Per questo chiediamo che, senza più attendere oltre, si mobiliti la Comunità internazionale, sia per
combattere il traffico di esseri umani sia per garantire a queste persone la protezione internazionale di
cui hanno bisogno e a cui hanno diritto. In particolare attraverso un piano di "evacuazione umanitaria"
e un progetto di accoglienza dei profughi nel territorio dell'Unione Europea. Un impegno internazionale
che necessariamente si deve tradurre in una strategia di cooperazione con Egitto e Israele, affinché
rispettino gli impegni assunti e i diritti dei rifugiati.
In caso contrario, la sorte cui destineremo quei profughi è l’abbandono in balia di spietati sequestratori.
Una fiaccolata per denunciare e testimoniare, fatta di lumi e silenzio.
Primi promotori
Consiglio Italiano per i Rifugiati
Agenzia Habeshia
A Buon Diritto
Centro Astalli
Hanno patrocinato l’iniziativa
Regione Lazio
Provincia di Roma
Comune di Roma
Adesioni
Acli
Alleanza Evangelica Italiana
Amnesty International – Sezione Italiana
Archivio dell’Immigrazione - onlus
Arciconfraternita
ARCI
ASGI
Associazione Apertamente - di Biella
Associazione culturale "Teresio Olivelli"
Associazione Il Divenire
Associazione Migrare
Associazione Opera Onlus
Associazione per la Pace
Associazione Somebody
Associazione Volontari per la protezione civile ASTRA -
Caltagirone
ASKAVUSA - di Lampedusa
Asinitas Onlus
ASPER – Eritrea (Associazione per la tutela dei diritti
umani del popolo eritreo)
Associazione Anne's Door
CHEBI’ ONLUS
CISP Sviluppo dei popoli
Cittadini del mondo
CGIL
Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione del
Territorio - Campania
Comitato Nazionale Antidiscriminazioni
Comunità di Sant’Egidio
Master per l’Immigrati e rifugiati. Formazione,
comunicazione e integrazione sociale – Università “La
Sapienza”
Federazione delle Chiese Evangeliche
Focus-Casa dei Diritti Sociali
Fondazione internazionale d. Luigi Di Liegro
Gruppo EveryOne
Gruppo Watching The Sky
Istituto Fernando Santi
Kayak per il diritto alla vita
La Tenda
Medici Contro la Tortura
Medu – Medici per i Diritti Umani
Opera Nomadi Nazionale
Parsec Associazione – ricerca e interventi sociali
Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai - Gruppo
facebook
UGL Sei
Tavolo Interculturale di Torre Angela
Teatro di Nascosto
UIL
Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell'Uomo
WILPF (Women International League for Peace and
Freedom)
Hanno aderito inoltre
Fabrizio Andreoli
Rita Bernardini
Paola Binetti
Claudio Cecchini
Carlo Cefalo
Benedetto Della Vedova
Lorenzo Di Pietro
Margherita Gaetani
Sancia Gaetani
Massimo Ghirelli
Antonio Inferrera
Maria Macioti
Gennaro Malgieri
Luigi Manconi
Claudio Martelli
Matteo Mecacci
Guido Melis
Eduardo Micheletti
Luisa Morgantini
Silvana Palma
Marco Perduca
Flavia Perina
Savino Pezzotta
Chiara M. Polcaro
David Sassoli
Jean Leonard Touadì
Livia Turco
Luigi Zanda

Sinai: continua il dramma degli ostaggi eritrei.


11 gennaio 2011
Sinai: continua il dramma degli ostaggi eritrei.
L’Agenzia Habeshia, in collegamento telefonico con gli ostaggi, lancia un appello all’Europa.


“Ci chiediamo dove sono finiti i difensori della vita umana? Dove sono i paladini dei diritti umani? Dove l’Europa culla della “Civiltà”? Con queste parole don Mussie Zerai, sacerdote missionario e responsabile dell’agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo in contatto telefonico con i rifugiati eritrei nel Sinai che dal novembre scorso sono ostaggi dei predoni che chiedono per la loro vita 8.000 dollari di riscatto, lancia una richiesta di aiuto alla comunità internazionale in particolare all’Europa. Le condizioni degli ostaggi sono drammatiche. “Ore 10.36, arriva una telefonata dai ostaggi eritrei nel Sinai, raccontano le quattro donne che stamattina hanno dovuto subire per l’ennesima volta violenze sessuali dal branco dei predoni, ripetutamente perché non pagano il riscatto richiesto dai trafficanti”, fa sapere don Mussie. Il gruppo degli ostaggi, originariamente formato da circa 250 profughi eritrei, di cui una ottantina partiti dalla Libia aveva pagato circa 2.000 dollari a testa per raggiungere Israele, una cifra che i trafficanti, una volta raggiunto l’Egitto, hanno deciso di aumentare ad 8 mila per proseguire verso la meta; molti di loro sono stati uccisi, altri liberati in seguito al pagamento del riscatto e circa la metà sono ancora in balia dei predoni. A nulla è valsa la risoluzione Ue approvata il 16 dicembre scorso a Strasburgo in cui si “sollecitano le autorità egiziane a prendere tutte le misure necessarie per assicurarsi della liberazione degli eritrei tenuti in ostaggio”. Nel Sinai la situazione è sempre più grave. “Una delle donne incinte sta molto male, dopo che è stata picchiata dai trafficanti... tutto questo accadeva questa mattina, tutto questo sta accadendo mentre il mondo “civile” se ne sta a guardare, distratto da altre questioni, chi per indifferenza verso questo dramma, chi per non irritare governi di quella regione, sta di fatto che c’è un sostanziale silenzio, nessuno sta facendo nulla per debellare questa piaga dei nostri giorni, non si vede nessun risultato” continua don Mussie che rivendica la necessità di un progetto concreto di accoglienza per i profughi bloccati in Egitto e Libia sottoposti a condizioni disumane non solo dai trafficanti, ma anche dalla polizia nelle carceri egiziane e libiche.
(Maria Rita Porceddu)

Did Israelis assist the refugee kidnapping ring?

Marietje Schaake on Eritrean refugees held hostage in Sinai

Rui Tavares - Crisis of Eritrean refugees in Sinai - 2010/12/16

Da Betania, Territori Palestinesi Occupati, suor Azezet Kidane Habtezghi

S.O.S. Eritreans refugees hostages

Tg 1 La tragedia degli eritrei deportati dai predoni.

Appello del Santo Padre Benedetto XVI, per la liberazione degli ostaggi

Siamo grati al Pontefice, che ha voluto ricordare nelle sue preghiere, richiamando la comunità internazionale al rispetto dei diritti dei profughi e rifugiati.
Speriamo che l'appello del Papa venga accolto dalle autorità internazionali, in particolare il governo Egiziano, l'unico che può intervenire per la liberazione dei profughi eritrei sequestrati nel deserto del Sinai, in catene da più di un mese. Le testimonianze giunte a noi restano gravissime, soprattutto le donne in stato di gravidanza costrette a subire la fame e la sete, con gravi rischi anche per il feto. Le persone ferite dalle continue percosse hanno bisogno di cure mediche, ci sono molti altri che stanno male, debilitati dalla fame e dal continuo maltrattamento.
Confidiamo che gli stati europei accogliendo l'Appello accorato del Papa per la liberazione e il rispetto dei diritti di questi profughi eritrei, etiopi, sudanesi e somali facciano i necessari passi diplomatici sul governo egiziano, affinché quest'ultimo reagisca per salvare la vita di centinaia di profughi e rifugiati nelle mani dei predoni del deserto.
Sta sera scade il secondo ultimatum dato dai sequestratori ai profughi, non sappiamo cosa potrà accadere allo scadere di questo ultimatum, sollecitiamo le autorità egiziane ad intervenire il più presto possibile.
Don Mussie Zerai



We are grateful to the Pope, who wanted to remember in his prayers, calling on the international community to respect the rights of refugees and displaced persons.
We hope that the Pope's appeal is accepted by international authorities, in particular, the Egyptian government, the only one who can intervene for the liberation of Eritrean refugees seized in the Sinai desert, in chains for more than a month. The accounts sent to us are serious, most of all pregnant women forced to suffer hunger and thirst, even at great risk to the fetus. The injured people from the continuous beatings they need medical care, there are many others who are sick debilitated by hunger and ill-treatment continued.
We hope that the European states accepting the Pope's urgent appeal for the liberation and respect the rights of these displaced Eritreans, Ethiopians, Sudanese and Somalis make the necessary diplomatic steps on the Egyptian government, until a fourth-last to react to save the lives of hundreds of refugees and displaced persons in the hands of marauders of the desert.
She ends the second week ultimatum given by the kidnappers to refugees, we do not know what will happen on the expiry of this ultimatum, we urge the Egyptian authorities to intervene at the earliest opportunity.
Fr. Mussie Zerai

Sua Santità Benedetto XVI riceve in udienza la Comunità del Pontificio Collegio Etiopico


Benedetto XVI alla comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano

La santità dei sacerdoti
segno di speranza per la Chiesa


La santità dei sacerdoti come segno di speranza per la Chiesa e per il mondo è stata proposta dal Papa alla comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano, durante l'udienza svoltasi sabato mattina, 29 gennaio, nella Sala dei Papi. L'occasione è stata la ricorrenza del centocinquantesimo anniversario della morte di san Giustino De Jacobis, del quale Benedetto XVI ha illustrato l'esemplarità. Questo il discorso.

Cari fratelli e sorelle!
Sono lieto di accogliervi per la felice circostanza del 150° anniversario della nascita al Cielo di san Giustino De Jacobis. Saluto cordialmente ciascuno di voi, cari sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico, che la Divina Provvidenza ha posto a vivere vicino al sepolcro dell'Apostolo Pietro, segno degli antichi e profondi legami di comunione che uniscono la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea con la Sede Apostolica. Saluto in modo speciale il Rettore, Padre Teclezghi Bahta, che ringrazio per le cortesi espressioni con cui ha introdotto il nostro incontro, ricordando le diverse e significative circostanze che lo hanno suggerito. Vi accolgo oggi con particolare affetto e, insieme a voi, mi è caro pensare alle vostre comunità di origine.
Vorrei ora soffermarmi sulla luminosa figura di san Giustino De Jacobis, del quale avete celebrato il significativo anniversario lo scorso 31 luglio. Degno figlio di san Vincenzo de' Paoli, san Giustino visse in modo esemplare il suo "farsi tutto a tutti", specialmente al servizio del popolo abissino. Inviato a trentotto anni dall'allora Prefetto di Propaganda Fide, il Cardinale Franzoni, come missionario in Etiopia, nel Tigrai, lavorò prima ad Adua e poi a Guala, dove pensò subito a formare preti etiopi, dando vita ad un seminario chiamato "Collegio dell'Immacolata". Con il suo zelante ministero operò instancabilmente perché quella porzione di popolo di Dio ritrovasse il fervore originario della fede, seminata dal primo evangelizzatore san Frumenzio (cfr. PL 21, 473-80). Giustino intuì con lungimiranza che l'attenzione al contesto culturale doveva essere una via privilegiata sulla quale la grazia del Signore avrebbe formato nuove generazioni di cristiani. Imparando la lingua locale e favorendo la plurisecolare tradizione liturgica del rito proprio di quelle comunità, egli si adoperò anche per un'efficace opera ecumenica. Per oltre un ventennio il suo generoso ministero, sacerdotale prima ed episcopale poi, andò a beneficio di quanti incontrava e amava come membra vive del popolo a lui affidato.
Per la sua passione educativa, specialmente nella formazione dei sacerdoti, può essere giustamente considerato il patrono del vostro Collegio; infatti, ancora oggi questa benemerita Istituzione accoglie presbiteri e candidati al sacerdozio sostenendoli nel loro impegno di preparazione teologica, spirituale e pastorale. Rientrando nelle comunità di origine, o accompagnando i connazionali emigrati all'estero, sappiate suscitare in ciascuno l'amore a Dio e alla Chiesa, sull'esempio di san Giustino De Jacobis. Egli coronò il suo fecondo contributo alla vita religiosa e civile dei popoli abissini con il dono della sua vita, silenziosamente riconsegnata a Dio dopo molte sofferenze e persecuzioni. Fu beatificato dal Venerabile Pio XII il 25 giugno 1939 e canonizzato dal Servo di Dio Paolo VI il 26 ottobre 1975.
Anche per voi, cari sacerdoti e seminaristi, è tracciata la via della santità! Cristo continua ad essere presente nel mondo e a rivelarsi attraverso coloro che, come san Giustino De Jacobis, si lasciano animare dal suo Spirito. Ce lo ricorda il Concilio Vaticano II che, tra l'altro, afferma: "Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia più perfettamente trasformati nell'immagine di Cristo (cfr. 2 Cor 3, 18), Dio manifesta vivamente agli uomini la sua presenza ed il suo volto. In loro è Egli stesso che ci parla e ci mostra il contrassegno del suo Regno" (Cost. dog. Lumen gentium, 50).
Cristo, l'eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, che con la speciale vocazione al ministero sacerdotale ha "conquistato" la nostra vita, non sopprime le qualità caratteristiche della persona; al contrario, le eleva, le nobilita e, facendole sue, le chiama a servire il suo mistero e la sua opera. Dio ha bisogno anche di ciascuno di noi "per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù" (Ef 2, 7). Nonostante il carattere proprio della vocazione di ciascuno, non siamo separati tra di noi; siamo invece solidali, in comunione all'interno di un unico organismo spirituale. Siamo chiamati a formare il Cristo totale, un'unità ricapitolata nel Signore, vivificata dal suo Spirito per diventare il suo "pleroma" e arricchire il cantico di lode che Egli innalza al Padre. Cristo è inseparabile dalla Chiesa che è il suo Corpo. È nella Chiesa che Cristo congiunge più strettamente a sé i battezzati e, nutrendoli alla Mensa eucaristica, li rende partecipi della sua vita gloriosa (cfr. Lumen gentium, 48). La santità si colloca quindi nel cuore stesso del mistero ecclesiale ed è la vocazione a cui tutti siamo chiamati. I Santi non sono un ornamento che riveste la Chiesa dall'esterno, ma sono come i fiori di un albero che rivelano la inesauribile vitalità della linfa che lo percorre. È bello contemplare così la Chiesa, in modo ascensionale verso la pienezza del Vir perfectus; in continua, faticosa, progressiva maturazione; dinamicamente sospinta verso il pieno compimento in Cristo.
Cari sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico, vivete con gioia e dedizione questo periodo importante della vostra formazione, all'ombra della cupola di San Pietro: camminate con decisione sulla strada della santità. Voi siete un segno di speranza, specialmente per la Chiesa nei vostri Paesi di origine. Sono certo che l'esperienza di comunione vissuta qui a Roma vi aiuterà anche a portare un prezioso contributo alla crescita e alla pacifica convivenza delle vostre amate Nazioni. Accompagno il vostro cammino con la mia preghiera e, per intercessione di san Giustino De Jacobis e della Vergine Maria, vi imparto con affetto la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle Suore di Maria Bambina, al Personale della Casa e a tutte le persone a voi care.



(©L'Osservatore Romano - 30 gennaio 2011)