don. Mosè

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Sono Sacerdote Eritreo. Vivo in Italia dal 1992 Attualmente studio alla Pontificia Università Urbaniana Mi occupo dei diritti dei migranti, inparticolare dei richiedenti asilo politico e Rifugiati politici. Sono impegnato a favore dei diritti umani e civili degli Eritrei ed Etiopi.

mercoledì 3 ottobre 2007

Invito presentazione video

Da: Associazione Scrivi di Diritto - Scuola di Giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso
A: info@internazionaleleliobasso.it
Inviato: Lunedì 25 giugno 2007, 15:50:04
Oggetto: invito presentazione video


Cari amici,


vi invitiamo alla proiezione di un video sulla storia di Habteab Eyasu, morto lo scorso anno nel carcere di Civitavecchia. Sulla sua vicenda non è stata fatta ancora chiarezza, ecco perchè ci sembra giusto ricordare la sua storia.


La proiezione si terrà il 28 giugno 2007 alle ore 16.30 presso la sala conferenze della Fondazione Lelio Basso in via della dogana vecchia, 5 - Roma.


Saranno presenti l'autore del video, Federico Triulzi, il senatore Francesco Martone (PRC) che ha presentato un'interrogazione parlamentare sulla vicenda, Gabriele D'Autilia, Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Marco Carsetti, Asinitas Onlus, Moses Zerai, Scalabriniano.

Introduce: Alessandro Triulzi, responsabile del progetto sulle memorie migranti, Fondazione AAMOD.



Cordialmente,

Cecilia Cardito
(Ricercatrice della Fondazione Basso - Sezione Internazionale)

Per informazioni contattare:

Fondazione Basso - Sezione Internazionale
Tel 066877774



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Habteab Eyasu aveva 37 anni, era rifugiato in Italia da 3 anni. È stato trovato morto in cella di isolamento il 14 maggio 2006 nel carcere di Civitavecchia.

Habteab aveva combattuto per l’indipendenza dell’Eritrea ma, dopo lo scoppio della guerra con l’Etiopia e l’instaurazione del regime di Isaias Afewerki, come tanti suoi connazionali, ha deciso di scappare passando per il Sudan, poi per la Libia sino all’arrivo in Italia il 20 agosto 2003 con una delle tante imbarcazioni di fortuna che partono per mano di trafficanti. Giunto in Italia presenta richiesta di asilo politico. Più di un anno dopo ottiene lo status di rifugiato.
Tra l’aprile e il maggio 2006 parte per l’Inghilterra alla ricerca di un lavoro migliore, tornato in Italia viene trasferito nel Cpt di Isola Capo Rizzuto (Crotone) e successivamente nel carcere di Civitavecchia. Il 14 maggio muore, secondo le autorità del carcere, togliendosi la vita mediante impiccagione. I suoi familiari sono stati avvisati solo una settimana dopo il decesso, quando l’autopsia era già stata effettuata. Ci sono foto che mostrano il corpo di Habteab, i medici parlano di contusioni in tutto il corpo, le versioni dei secondini sono incongruenti anche rispetto alle modalità della presunta impiccagione. In una lettera mai spedita trovata tra le cose di Habteab egli si proclama estraneo alle accuse per le quali è stato incarcerato. Rimangono dubbi riguardo il suo rientro in Italia e la sua successiva incarcerazione. Habteab era accusato dalla Procura di Crotone - sulla base di alcune intercettazioni telefoniche - di associazione a delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e riduzione in schiavitù. Il suo arresto è avvenuto all’aeroporto di Fiumicino, ma ancora non è chiaro se sia stato arrestato in Inghilterra su mandato europeo o se dall’Inghilterra sia stato espulso e poi identificato alla frontiera italiana. Durante l’interrogatorio a Civitavecchia, Habteab non ha avuto la possibilità di parlare nella sua lingua, il tigrino. L’interprete era di nazionalità etiope e i due comunicavano in inglese, una lingua che Habteab conosceva poco bene. Habteab si era comunque dichiarato innocente nel merito delle accuse, sebbene ammettesse di conoscere gran parte delle persone della presunta associazione su cui indagava Crotone.
Il caso ha posto molti interrogativi riguardo la morte di Habteab e i motivi del suo arresto, tutto questo inoltre induce a una riflessione sulle condizioni di vita nel carcere di Civitavecchia, non nuovo a episodi del genere, e sul bisogno in Italia di una legge in materia d’asilo politico.



Nel maggio 2007 è stata approvata dalla Regione Lazio una legge che prevede il passaggio di competenze in materia di sanità dall'amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale. Sino ad oggi la competenza nell’ambito della salute è stata di esclusiva pertinenza del Ministero della Giustizia. La legge 230 del 1999 prevedeva il passaggio di competenze della medicina penitenziaria dall’amministrazione penitenziaria alle Asl. Il passaggio era finora avvenuto solo per le tossicodipendenze. Ora, a seguito di protocolli di intesa, verrà assicurata l’integrazione dei servizi. La salute della popolazione detenuta, nel rispetto del principio della universalità delle prestazioni, sarà anche di competenza del Servizio Sanitario Nazionale che dovrà attrezzarsi a riguardo assicurando la prevenzione, la cura, la diagnosi, la terapia. In particolare dovrà essere prestata attenzione ai nuovi giunti, i quali sono maggiormente a rischio suicidario.

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