sabato 17 novembre 2007

Missionari Espulsi dal regime Eritreo



Eritrea / Il rientro dei missionari 17/11/2007

Ostacoli al regime

Sono giunti a Roma i religiosi cattolici “espulsi” dal regime eritreo, perché stranieri. Hanno raccontato di un paese allo stremo e di una Chiesa che non si vuole sottomettere ai diktat del presidente Isaias Afwerki, che la vorrebbe “nazionale”.


Sono giunti a Roma i religiosi cattolici (nella foto) “espulsi” dal regime eritreo, perché stranieri. Hanno raccontato di un paese allo stremo e di una Chiesa che non si vuole sottomettere ai diktat del presidente Isaias Afwerki, che la vorrebbe “nazionale”.
Sono arrivati alle 5 di stamani a Fiumicino. Erano in otto. Provenivano da Asmara. Sono missionari e missionarie espulsi dall’Eritrea del dittatore Isaias Afwerki. Dovevano essere in nove. Ma all’ultimo istante una suora americana è stata trattenuta dalle autorità locali nell’aeroporto eritreo, per gli ultimi intoppi “burocratici”. Sono i religiosi che hanno ricevuto, il 6 novembre, il benservito dal governo, che non ha rinnovato loro il permesso di soggiorno. Hanno ricevuto un visto d’uscita senza avere più la possibilità di un ritorno.
La motivazione ufficiale è che la Chiesa cattolica è considerata una specie di ong. E come per tutte le organizzazioni non governative presenti in Eritrea, i membri non possono rimanere in quel paese per più di due anni. La realtà, come hanno raccontato gli stessi “espulsi”, è anche un’altra: si potrebbe trattare di una vera e propria ritorsione nei confronti dei cattolici, che rappresenterebbero un intralcio a un regime che di intoppi non ne vuole avere.
Nella conferenza stampa, organizzata a Roma presso la casa generalizia dei comboniani all’Eur , i missionari allontanati hanno ripercorso le tappe di un rapporto incrinato. E di un paese allo stremo. Data fondamentale resta il primo novembre del 2006, quando i cinque vescovi dell’Eritrea (tra cui due “emeriti”) hanno detto no al governo che chiedeva la “militarizzazione” anche dei sacerdoti e dei religiosi. Nel paese del Corno i ragazzi e le ragazze, a partire dal diciottesimo anno di età, vengono reclutati. E se per le donne la leva è obbligatoria fino a 40 anni, gli uomini smettono la divisa a 60.
Isaias avrebbe voluto che anche i sacerdoti e religiosi imbracciassero i fucili per difendere il patrio suolo. Il fermo no della Chiesa ha rotto i piani di un governo che ha già sottomesso la Chiesa ortodossa, di cui ha arrestato il patriarca Antonio, sostituito con un laico. E ogni domenica la subordinazione ortodossa arriva fino al punto che emissari governativi vanno nelle chiese del paese per portarsi via le elemosine dei fedeli.
La Chiesa cattolica non è stata al gioco. Un’insubordinazione che ha irritato il regime che già da tempo aveva rispolverato il proclama 73 del 1995: la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici. Tutte le realtà cattoliche del paese sono state visitate da “esattori” del governo che hanno voluto fare l’inventario dei beni e delle proprietà ecclesiastiche. Lo scopo è evidente.
Del resto, è apparso chiaro dai racconti dei religiosi tornati da Asmara che il regime, sempre più isolato internazionalmente, sta cercando di sopravvivere a una situazione economica disastrosa . I beni di prima necessità sono razionalizzati. Si può acquistare il pane con la tessera governativa ogni due giorni e spesso non in quantità sufficiente per sfamare famiglie numerose. Manca l’olio, lo zucchero, il caffè. Il blocco alle importazioni è catastrofico. E’ stata vietata, di fatto, l’attività commerciale, nazionalizzata pure quella. Le famiglie sono allo stremo: vedono i loro figli diventare militari o tentare una fuga disperata dal paese. E quella “diserzione” la pagano proprio i genitori, spesso arrestati e torturati.
Per reggere una situazione economica al collasso, il regime gioca ancora la carta del pericolo etiopico e dei confini non rispettati. E l’appello lanciato agli organismi internazionali e ad Addis Abeba dai missionari, in particolare da suor Maria Angela Pagani, è stato proprio di far rispettare il verdetto della Commissione confini nel 2002, seguito agli accordi di Algeri del 2000 sulla fine del conflitto etiopico-eritreo. “Far rispettare quell’accordo”, ha ricordato suor Pagani “significa togliere l’alibi più forte a Isaias per mantenere soggiogato e militarizzato il suo paese”.
E ora? I missionari hanno ricordato che la loro partenza forse metterà in difficoltà la Chiesa eritrea, “anche se sarà certamente in grado di reggere questo vuoto sostituendoci con i preti e religiosi locali”. Il compito degli “allontanati”, ora, sarà soprattutto quello di svegliare dal torpore una comunità internazionale che continua a chiudere gli occhi sull’Eritrea”.
http:/habeshia.blogspot.com

venerdì 2 novembre 2007

Il Dittatore il pensiero unico del giornalismo

Comunità di Capodarco - Agenzia Redattore Sociale

In collaborazione con:
Internazionale

Con il patrocinio di:
Ordine nazionale giornalisti, Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi), Usigrai


IL DITTATORE
Il pensiero unico del giornalismo
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Comunità di Capodarco di Fermo, 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2007

XIV edizione di: Redattore Sociale
Seminario di formazione per giornalisti a partire dai temi del disagio e delle marginalità


La libera professione del giornalista è dominata da una forza al contempo sconosciuta e familiare: il pensiero unico del giornalismo. E’ un dittatore implacabile che cresce nel chiuso di grandi e piccole redazioni. Prospera in quei luoghi dove si stabilisce “cosa interessa alla gente”: là, dove si ignora quanto, su quelle certezze, pesino mode, interessi pubblicitari, pigrizia, suggerimenti politici.
Negli anni, il pensiero unico del giornalismo evolve e si modifica, per esercitare un ruolo in fondo subalterno: essere il custode dei “dogmi” che via via prevalgono nel mondo moderno.
Esempi: il dogma del consumo fine a se stesso e incessante (anche delle notizie, le quali devono essere una gran massa che scorre continua e veloce, senza che il giornalista debba più preoccuparsi di fare ordine). Il mercato che si autoregola. La politica in cui destra e sinistra non devono distinguersi (altrimenti toccherebbe scendere nel dettaglio dei valori). La sicurezza che va perseguita sempre, previa un’accurata selezione…

Il pensiero unico del giornalismo ha cura di mostrare la saggezza di un adulto che sa stare sempre al passo coi tempi. Per questo si preoccupa molto di capire i giovani.
Così facendo genera qualcosa di più raffinato del semplice conformismo. Come tutti i grandi pensieri, esso opera secondo alcuni canoni. Il canone estetico, per il quale si è considerati in base a come e in che contesto si appare. Il canone di potere: si vale per quanto si comanda, o almeno per quanto (e quanti) si rappresenta.
Il canone di stima sociale (più o meno meritata): nell’informazione si conta finché è attivo il corto circuito della visibilità, del rimbalzo delle citazioni dentro circoli ben definiti. E infine il canone di relazione, per cui sei tanto più apprezzato quanto più conosci persone (valutate secondo i tre canoni precedenti).
Sono usati quasi sempre in simultanea e appaiono più evidenti quando si tratta di individui che, in base a quei canoni, entrano con prepotenza, o entrano male, o non entrano affatto nel flusso di ciò che si considera “notiziabile”.

Da queste provocazioni, il quattordicesimo seminario di Capodarco muove per svelare i veri tratti di questo sfuggente dittatore del pensiero. E per verificare la praticabilità della sfida più urgente: quella di tornare a pensare.


PROGRAMMA PROVVISORIO

Venerdì 30 novembre

14.00 – Registrazione dei partecipanti

14.30 – Premio L’anello debole – Visione di opere premiate o menzionate nell’edizione 2007 – Presentazione del bando 2008

15.00 – Interventi di apertura (UsigRai, Fnsi, Ordine giornalisti)

16.00 – Il pensiero unico si impara da piccoli – Grazia Honegger Fresco

Presentazioni

17.30 - Era ora! – Analisi dell’improvviso successo della tolleranza zero - Marzio Barbagli

Conduce…


19.30 – Termine dei lavori – Cena in Comunità

Sabato 1 dicembre

9.00 – 13.00 – “Nomi di fantasia”: protagonisti delle nuove paure nell’era della sicurezza turbata – Workshop paralleli

Mamadou
Gabriele Del Grande, Francesco Vacchiano, Mussie Zerai (Clandestini, rifugiati, nuovi ghetti, minori stranieri e devianza…)

Wendy
Paola Monzini, Marco Bufo, Wendy Uba, (Tratta, prostituzione, all’aperto e al chiuso, strade, scorciatoie…)

Sasha eLilli
Giovanna Boursier, Enrico Serpieri, Salvo Di Maggio (Rom, accattoni, campi, case, emarginazione, integrazione, scuola…)

12.45 – Termine dei lavori – Pranzo in Comunità

15.00 – Spunti dai workshop paralleli

16.00 – Presentazione della Guida 2008 per l’informazione sociale – Sabrina Lupacchini, Sonia Postacchini
Intervento di Walter Dondi
16.30 – Un mese di DiReS – Stefano Trasatti, Giuseppe Pace


17.00 – Il giornalismo e il consumo a tutti i costi

Spendere meno, senza essere avari (né pauperisti) - Antonella Valer

C’è benessere e benessere… – Christoph Baker

Interventi di: Loris Ferini, Marco Reggio, …

Conduce Giovanna Chioini

20.00 – Termine dei lavori

20.30 – Cena presso la Contrada S. Martino della “Contesa del secchio” – Sant’Elpidio a Mare


Domenica 2 dicembre

9.30 – Saluti – Presentazioni

10.30 – Il pensiero unico del giornalismo
Incontro con Giuliano Ferrara

Conduce Marino Sinibaldi

Conclusioni di Vinicio Albanesi

13.00 – Termine dei lavori


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Con il contributo di:

Coop – BCC – Fondazione Unipolis

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RELATORI
Vinicio ALBANESI – Sacerdote, presidente della Comunità di Capodarco e dell’Agenzia Redattore Sociale
Marzio BARBAGLI – Professore ordinario di sociologia all’Università di Bologna
Christoph BAKER – ……… ha scritto tra l’altro “Ozio, lentezza e nostalgia” (Edizioni Emi, 2001-2006)
Giovanna BOURSIER – Giornalista, collaboratrice di Report (Rai Tre), ha scritto vari saggi sullo sterminio dei Rom
Marco BUFO – Coordinatore dell’associazione On the road
Giovanna CHIOINI – Giornalista di Internazionale, dove fa parte del comitato di direzione
Gabriele DEL GRANDE – Giornalista dell’Agenzia Redattore Sociale, ha fondato l’osservatorio Fortress Europe. Ha scritto il libro Mamadou va a morire (Infinito edizioni, 2007)
Salvo DI MAGGIO – Responsabile dell’area Rom e Sinti della Comunità di Capodarco di Roma
Walter DONDI – Consigliere delegato della Fondazione Unipolis
Loris FERINI – Responsabile politiche sociali Ancc Coop
Giuliano FERRARA – Direttore de Il Foglio, conduttore di “Otto e mezzo” su La 7
Grazia Honegger FRESCO – Insegnante e grande esperta di scuola per l’infanzia, ha scritto vari saggi tra cui Maria Montessori, una storia attuale (L’Ancora del Mediterraneo, 2007)
Sabrina LUPACCHINI – Centro Documentazione dell’Agenzia Redattore Sociale
Paola MONZINI – Ricercatrice e esperta di criminologia, ha scritto Il mio nome non è Wendy (Laterza, 2007) e Il mercato delle donne (2002)
Giuseppe PACE – Direttore dell’Agenzia di stampa Dire
Sonia POSTACCHINI – Centro Documentazione dell’Agenzia Redattore Sociale
Marco REGGIO – Capo ufficio stampa del Credito Cooperativo
Enrico SERPIERI – Responsabile per la tematica dei Rom al Comune di Roma
Marino SINIBALDI – Vicedirettore di Radio Tre, dove è anche conduttore del programma Fahreneit
Stefano TRASATTI – Direttore dell’Agenzia Redattore Sociale
Wendy UBA – E’ la protagonista del libro di Paola Monzini “Il mio nome non è Wendy”
Francesco VACCHIANO – Psicologo e antropologo culturale, Centro Frantz Fanon e Università di Torino
Antonella VALER – Docente di economia, ha scritto tra l’altro il libro “Bilanci di giustizia” (Edizioni Emi) e cura il rapporto annuale del movimento omonimo, nato nel 1994, che raggruppa oggi più 1.200 famiglie
Mussie ZERAI YOSIEF – Presidente dell’Agenzia Habeshia, associazione per rifugiati politici eritrei ed etiopi

Informazioni e iscrizioni: 0734 681001– 348 3027434 - seminario@redattoresociale.it

Libri presentati:
- Guida 2008 per l’informazione sociale (Redattore Sociale 2007)
- La finanza utile, Paolo Andruccioli e Alessandro Messina (Carocci 2007)
- Il giornalismo sociale, Mauro Sarti (Carocci 2007)
- Allo specchio e altri racconti, Laura Badaracchi (Infinito edizioni, 2007)

EVENTI
L’Anello debole
Premio indetto dalla Comunità di Capodarco per programmi radiotelevisivi e cortometraggi a forte contenuto sociale. La prima edizione si è svolta nel giugno 2005.

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Che cos’è Redattore Sociale
E’ il primo e tuttora unico seminario nazionale di formazione per giornalisti impostato a partire dai temi del disagio e delle marginalità. L’obiettivo primario è contribuire alla costruzione di un giornalismo più “sociale” attraverso l’incontro con testimoni importanti dell’impegno civile, della cultura, dell’informazione. Registra ogni anno circa 200 partecipanti, per l’80% giornalisti (in gran parte giovani). Dal 1994 le presenze complessive sono state 2.563.
Tra i relatori finora intervenuti, Svetlana Aleksievitch, Kevin Bales, Dino Boffo, Ferruccio De Bortoli, Antonio Di Bella, Goffredo Fofi, Giulio Giorello, Pierre Haski, Ryszard Kapuscinski, Gad Lerner, Enrico Mentana, Roberto Morrione, Loretta Napoleoni, Gianluca Nicoletti, David Rieff, Paolo Ruffini, Giancarlo Santalmassi, Marianella Sclavi, Michele Serra, Marco Vitale.
Per leggere una scheda sintetica e consultare gli atti delle prime 13 edizioni cliccare qui.

L’Agenzia Redattore Sociale
E’ un’agenzia giornalistica quotidiana fondata nel 2001 e promossa dalla Comunità di Capodarco. Pubblica un notiziario nazionale in abbonamento e vari altri servizi gratuiti sui temi del disagio e dell’impegno sociale in Italia e nel mondo. Il servizio è raggiungibile on line su www.redattoresociale.it o attraverso il sistema Telpress insieme alle altre agenzie.

Rapporto Libia

FORTRESS EUROPE
http://fortresseurope.blogspot.com
presenta
On line l'esclusivo rapporto sulle carceri libiche
ROMA - 29/10/2007. Fortress Europe pubblica oggi un rapporto in cui accusa la Libia di gravi crimini contro i migranti arrestati sulla rotta per Lampedusa. Il rapporto, intitolato “Fuga da Tripoli”, documenta 1.579 morti nel deserto e 2.483 nel Canale di Sicilia, e raccoglie 83 testimonianze dirette di torture, stupri e omicidi commessi dalla polizia libica negli almeno 20 centri di detenzione per migranti, dove 60.000 persone, tra uomini, donne e bambini, sono detenute ogni anno. I testimoni dichiarano nel rapporto di aver subito arresti arbitrari, detenzione senza processo in condizioni disumane e degradanti. Gli immigrati denunciano inoltre deportazioni di massa nel deserto del Sahara, respingimenti collettivi in mare e rimpatri di rifugiati, anche sui 47 voli da Tripoli finanziati dall’Italia. Dettagli inquietanti, che confermano e aggiornano le gravi accuse del precedente rapporto sui diritti dei migranti in Libia di “Human Rights Watch” del settembre 2006. Gabriele Del Grande, fondatore di Fortress Europe e curatore del rapporto, dichiara: “L’Unione europea si rende complice dei crimini commessi dalle autorità libiche contro i migranti e i rifugiati arrestati sulle rotte per la Sicilia, dal momento che dal 2008 procederà al respingimento collettivo in mare di tutte le imbarcazioni che saranno intercettate da Frontex, mandando migliaia di uomini, donne e bambini a marcire per mesi o per anni nelle carceri libiche, per poi essere rimpatriati anche se rifugiati”.

Il rapporto di Fortress Europe può essere scaricato e letto cliccando sul link messo a disposizione dalla Infinito edizioni.

Inoltre, comunica Fortress Europe, 60.000 migranti sarebbero stati arrestati in Libia nel 2007 e 53.842 deportati nel 2006. Lo svela un rapporto segreto di una missione in Libia svolta a maggio 2007 dall’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne Frontex e pubblicato in esclusiva oggi sul sito internet di Fortress Europe (http://fortresseurope.blogspot.com).

Gabriele Del Grande è autore del libro Mamadou va a morire. La strage dei clandestini nel Mediterraneo (Infinito edizioni).
http://maps.google.it/maps/ms?hl=it&ie=UTF8&oe=UTF-8&msa=0&om=1&msid=103864672291339960983.00043cb18e78fd4555dbc&ll=31.184609,14.018555&spn=5.881453,9.689941&z=6


Visualizzazione ingrandita della mappa

Libia: intervista con i rifugiati detenuti a zawiyah

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Libia: intervista con i rifugiati detenuti a zawiyah

Libia: esclusiva intervista con i rifugiati detenuti a Zawiyah


ROMA, 31 ottobre 2007 - "Non vediamo la luce del sole da mesi.. Siamo stati portati fuori, spogliati nudi e picchiati". Inizia così l'intervista a uno dei 500 migranti detenuti nel centro di detenzione di Zawiyah. Un documento esclusivo - prodotto da Fortress Europe, Agenzia Habeshia e Radio Parole - che documenta le condizioni degradanti in cui decine di migliaia di migranti e rifugiati sono arrestati e detenuti in Libia. Il loro reato? Essere candidati all'immigrazione clandestina verso la Sicilia.


ASCOLTA L'INTERVISTA
http://habeshia.blogspot.com

Leggi anche:

sabato 6 ottobre 2007

Conferenza E.C.R.E a Bruxelles

Conferenza ECRE a Bruxelles su partecipazione rifugiati a programmi di rimpatrio volontario



Dal 16 al 18 febbraio si è tenuta una Conferenza organizzata dall’ECRE -Consiglio Europeo per i Rifugiati e gli Esuli. Le comunità italiane e straniere hanno avuto occasione di confrontarsi su modi e strumenti di potenziamento della partecipazione ai programmi di ritorno volontario in patria, e sulle difficoltà incontrate nella protezione e nell’integrazione. Sia le comunità dei rifugiati in Italia, che quelle altri paesi europei, hanno chiesto una rappresentanza attiva degli interessi dei rifugiati, sottolineando l’importanza del lavoro di rete e della collaborazione con organizzazioni che operano nel settore dell’asilo. In tema di rimpatrio volontario, i rappresentanti delle comunità dei rifugiati hanno espresso inoltre la volontà di non occuparsi solo della preparazione di chi intende rimpatriare, ma di partecipare direttamente anche ai negoziati, alla stipula di eventuali accordi ed alla fase di monitoraggio e reintegrazione. Grande importanza è stata attribuita in particolare alla fase del monitoraggio, da realizzare attraverso un organismo indipendente, per favorire il pieno rispetto degli accordi. La Conferenza ha espresso il desiderio unanime di sostenere le comunità soprattutto dal punto di vista economico, affinché siano rese autosufficienti nel creare un’attività di lobby a livello nazionale ed europeo. Considerando che le comunità dei rifugiati hanno una migliore conoscenza della situazione del paese d’origine e del background socio-economico-politico ed etnico, queste infatti possono offrire un grosso contributo alle autorità dei paesi di asilo nella realizzazione di politiche di protezione ed integrazione nel tessuto sociale, evitando peraltro che vengano commessi errori che possano mettere a rischio la vita dei loro connazionali.

I risultati della Conferenza saranno pubblicati su un manuale online a partire da maggio 2005.



Da un articolo di Mussie Zerai -rappresentante della comunità eritrea

mercoledì 3 ottobre 2007

Foto della giornata Mondiale dei detenuti di coscienza

Il 18 settembre 2007 si e svolta una manifestazione per chiedere la liberazione di tutti detenuti politici, religiosi, obietori di coscienza.
Per chiedere anche alla Comunità Europea di concedere il visto di ingresso ai richiedenti asilo politico eritrei attualmente bloccati in Libia e Sudan.

Visita del Vescovo Ausiliare Mons. Ernesto Mandara

Una discarica della periferia di roma, Ponte Mammolo.
Trasformata in baracopoli dai rifugiati eritrei a Roma. Questo a causa di una falimentare sistema di accoglienza e l'assenza di una legge organica su diritto di asilo in Italia.




Appello alla Comunità Europea

Gentili Sig.re e Sig.ri,
Ci giungono richieste di aiuto dai 600 eritrei detenuti nel carcere di Misratah da 1anno 4 mesi, 5 donne incinte, 60 bambini alcuni nati dentro la struttura carceraria, in condizioni igenico sanitari pessime, tanti di loro si stano ammalando di tbc, e malattie della pelle, infezioni per le donne costrette a partorire nel carcere assistite solamente da altre detenute come loro, totale assenza di assistenza medica, bambini con problemi nel apparato respiratorio, con tendenza asmatici.Ce scarssita di acqua pottabile, 3 barili di acqua per 600 persone.
Ultimamente si parla di altri 160 eritrei che verrano portati nel carcere di Misratah, questo voldire che agravera la situazione di vivibilità che ha già superato il limite, risultato varie persone amalate, cattivi odori, di notte fredo dato che si dorme nel pavimento.
Chiedono l' intervento della Comunità Europea, a finché faccia pressione sul governo libico per liberare queste persone, tutti sono richiedenti asilo politico, ma sul posto non ci sono organizzazioni o ambasciate dei paesi Europei dove presentare la richiesta di asilo politico.Il tentativo dell'UNHCR di spingere che i paesi europei concedano visto di ingresso regolare per richiedenti asilo politico, attendiamo speranzzosi, che la lotta all'ingresso di clandestini comprenda anche canali regolari di ingresso dei richiedenti asilo politico.
Ciò che stanno vivendo loro in totale violazioni dei diritti umani e civili, frutto anche della politica di esternazlizazione dei confini dell'Europa, senza offrire alternative per chi fugge da dittature come quella dell'Eritrea oggi, in fatti lunica colpa di queste 600 persone detenute in carcere nella località di Misratah, e quello di essere fuggiti dalla dittatura eritrea.
Chiediamo al governo Italiano di adoperarsi per una soluzione positiva, di questi cittadini eritrei in carcerati in Libia.


Mussie Zerai
ageniza_habeshia@yahoo.it
http://habeshiablogspot.com
Gentili Sig.re e Sig.ri,
Da più di un anno il sottoscritto Mussie Zerai, mi sono occupato della popolazione di rifugiati politici che fin ora sono stati sistemati dal Comune di Roma a Romanina nel palazzo del Enasarco.
Dopo una serie di trattative con il gabinetto del sindaco, sie giunti ad un progetto elaborato in collaborazione con il X Municipio, Action Migranti, Agenzia Diritti, il Comitato di Associazione Selam che rappresenta i rifugiati Eritrei, Sudanesi, Somali, Etiopi che vivono nel su detto edificio, dopo 10 mesi dalla presentazione del nostro progetto, il comune di Roma ci propone di trasferire i rifugiati che sono stati censiti nel febbraio del 2006, in tre strutture una di queste solo per le famiglie con i figli fatta dei mini appartamenti, mentre per le coppi senza figli e tutti i single, devono stare nelle altre due strutture, senza cucina, bagni collettivi, per i single camere collettive, come tipo di soluzione queste ultime da sempre osteggiate dai rifugiati che chiedono una sistemazione abitativa più vivibile, cioè una camera per ciascuno, un bagno ogni 3-4 persone, una cucina ogni 4-5 persone, una sistemazione abitativa che rispetta la legge regionale sui spazi abitativi per ogni persona, cosi come viene chiesto ai migranti che fanno ricongiungimento famigliare che devono dimostrare idoneità abitativa, anche il comune dovrebbe rispettare la legge nel sistemare queste persone, bisogna uscire dal solito modo di affrontare la questione dei richiedenti asilo politico, rifugiati, titolari di protezione umanitaria, come un emergenza, nel caso romanina il comune avuto un anno e mezzo di tempo per trovare una soluzione dignitosa, rispettosa della privacy dei individui, ma quello che propone ora il gabinetto del sindaco alle coppie senza figli di vivere in una camera senza la possibilità di cucinare, bagni e docce da condividere con tutti gli altri, per i single di stare in una camera 3-4-5 persone il contrario di quello che i rifugiati si attendevano, lontano dallo standard di accoglienza di altri paesi europei come la Granbretagna, Germania, Norvegia, Svezia, Olanda...
Il peggio spetta a tutti quelli che hanno trovato ospitalità presso amici o parenti, oppure semplicemente qualche spazio nel palazzo del Enasarco, con lo sgombero non sanno dove andare, sono decine e decine di persone, coppie, bambini, donne incinte o da poco partorito, questa situazione e frutto di un' assenza totale di una legge organica su diritto di asilo che regola il sistema di accoglienza perché non basta concedere l' asilo politico, ma bisogna accompagnarli, aiutarli per un inserimento nel mondo del lavoro, scuola, nella società civile di questo paese.
Chiediamo al Comune di Roma di tener conto di tutta la situazione che e venuta a crearsi in questo anno mezzo, in quel palazzo ha trovato ospitalità centinaia di richiedenti asilo politico, che i centri di accoglienza gestiti dal 5 dipartimento non hanno potuto soddisfare.

Un cordiale saluti
Mussie Zerai
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://hanibal.blogspot.com

Richiesta di Solidarietà

Gentili Onorevoli Parlamentari e Senatori/ci,

Il sottoscrito Mussie Zerai Yosief, presidente dell'Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, firmatara del Comunicato stampa e documento che vi abbiamo mandato, il 03/07/07 presentavo all'Ambasciata Eritrea in Italia, il mio passaporto con la richiesta del rinnovo del mio passaporto, il giorno successivo brevio telefono mi si comunicava il diniego delle autorità per mancato adempimento del pagamento di contributi richiesti dallo stato eritreo a tutti cittadini eritrei residenti all'estero per la difesa dei confini, per assistenza ai figli di caduti in guerra, ai invalidi di guerra, in più il 2% dal mio stipendio che non percepisco, io non ho nessun reddito in quanto studente seminarista della Congregazione dei Missionari Scalabriniani, come conferma la dichiarazione del Vice Superiore della Regione G.B. dei Missionari Scalabriniani P. Ennio Cavazzini, che ho presentato unitamente al mio passaporto il 03/07/07 all'Ambasciata Eritrea.
Da pagamenti di queste tasse ed contributi obligatori per tutti cittadini eritrei residenti all'estero sono esenti alcune categorie, tri quali gli studenti e i religiosi, data le mie condizione di vita di studente seminarista sono esente come mi fu rinnovato nel 2002, ma ora datta la mia attività a favore dei diritti umani e civili, il sostegno ai cittadini eritrei richiedenti asilo politico in italia, mi si rifiutà il rinnovo del mio passaporto.
Chiedo per tanto la solidarietà di tutte le istituzioni democratiche di questo paese, se l'ambasciata eritrea persistera nella sua posizione, non mi resta che chiedere allo stato Italiano di rilasciarmi un documento di viaggio riconoscendomi rifugiato politico in Italia.
Un cordiale saluto
Il Presidente dell'AHCS
Mussie Zerai Yosief

Commissione Esteri del Senato

All’attenzione della
Commissione Esteri del Senato
On.le Lamberto Dini






ERITREA – DIRITTI UMANI
Promemoria

Violazione dei diritti umani in Eritrea

Eritrea e Corno d’Africa
La situazione politica del Corno d’Africa è strettamente connessa con la vicenda della dittatura eritrea.
L’Eritrea ricopre un ruolo importante nel Corno d’Africa, e per la centralità della sua posizione geografica, e per il ruolo che essa vi svolge nelle relazioni con i paesi limitrofi, e con quelli ad essi correlati, non ultimo l’Iran, cui recenti accordi garantiscono appoggio da parte eritrea a proposito di nucleare in cambio di sostegno commerciale. In particolare:
con lo Yemen sono aperte da anni latenti controversie sullo spazio marittimo e sul controllo di alcune isole del mar Rosso;
in Somalia è rilevante l’appoggio dato alle Islamic Courts nel recente e attuale conflitto, anche con forniture militari avvenute in violazione dell’embargo;
Asmara è stata sede delle recentissime trattative tra le parti del conflitto interno sudanese;
con l’Etiopia non si è sopita, dopo gli accordi di pace conseguenti alla guerra 1998-200, la conflittualità, ancora combattuta by proxy in Somalia, a proposito delle questioni confinarie intorno alla zona di Badme. La responsabilità della mancata risoluzione di tali questioni viene attribuita, oltre che all’Etiopia, alla mancanza di impegno da parte del consesso internazionale.

L’Eritrea, in tempi assai recenti, ha rischiato infiltrazioni del terrorismo internazionale nel suo territorio, l’eccessivo avvicinamento con le corti islamiche della somalia testimonia dell’atteggiamento della dittatura al potere in quel paese nei confronti della pace e dei diritti umani. Disprezzo che si manifesta anche con l’espulsione dal suo territorio delle organizzazioni umanitarie, italiane e internazionali, che per anni vi sono state attive.

Il ruolo dell’Eritrea nel Corno d’Africa è rilevante, e non si può pensare a un percorso di pace e di democrazia in quell’area senza il suo contributo.
Perché tale percorso possa realizzarsi è necessario che l’Eritrea, come l’Etiopia, sospenda il suo comportamento destabilizzante; è necessario cioè che la dittatura abbia fine e che il popolo eritreo possa riprendere il percorso di pace, di stabilità democratica, e di benessere sociale, in nome del quale ha combattuto per oltre un trentennio.

Attività imprenditoriali estere in Eritrea sostengono la dittatura, e hanno arricchito le finanze private del dittatore. Ad attività illecite e violente l’Italia ha contribuito con la tacita approvazione del suo Governo.

Diritti umani in Eritrea
In Eritrea vige una dittatura tra le peggiori al mondo. Le violente politiche repressive e antidemocratiche attuate dal governo eritreo colpiscono soprattutto la popolazione in un paese ormai ridotto al terrore, in cui la sola presunzione di un’idea costa l’imprigionamento, la tortura, la mutilazione o la morte, in cui vengono violati sistematicamente i diritti umani e civili, in cui la popolazione è continuamente vessata per ogni rispetto. La situazione eritrea è ampiamente documentata dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, di Reporters sans Frontieres, delle Nazioni Unite, della stessa Unione Europea, oltre che dai partiti dell’opposizione in diaspora e dalle organizzazioni come Mossob, Asper, Agenzia Habeshia, Eritrean Democrats, Eritrean Civic Societies, ecc., firmatarie di questo documento.

Nel 2001 in Eritrea sono stati incarcerati incommunicado, senza capi di imputazione e quindi senza processo, undici ministri: chiedevano che fosse approvata in Parlamento la costituzione già da tempo elaborata. Nulla si sa della loro sorte, nonostante le ripetute e inascoltate richieste di Amnesty International e delle Nazioni Unite.
Migliaia di prigionieri sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, in condizioni di aperta violazione di ogni regola internazionale, impediti alle visite della Croce Rossa Internazionale e alla comunicazione con i familiari.
E’ vietata la costituzione di organismi politici di opposizione, e i partiti dell’opposizione operanti nella diaspora sono oggetto di continue minacce e aggressioni.
Chiusa l’Università di Asmara e molti dei suoi studenti e insegnanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Altri sono stati vittime di mortali incidenti.
Chiusi sono i giornali non governativi e molti giornalisti sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione; non è ammessa la presenza di giornalisti esteri: l’ultimo di essi, corrispondente della BBC, è stato espulso dal paese nel 2003. Non vengono rilasciati visti d’ingresso a giornalisti stranieri.
Viene regolarmente praticata la tortura e la mutilazione nei posti di polizia, nelle prigioni, nei luoghi dell’addestramento militare.
Vengono lesi i diritti consuetudinari sulla proprietà del terreni agricoli di alcune minoranze etniche.
E’ vietata la libertà di culto alle confessioni religiose minoritarie, i cui rappresentanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Le principali confessioni religiose sono sottoposte a stretta vigilanza poliziesca, ed i loro dirigenti arbitrariamente rimossi dal governo, detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, e sostituiti con altri di migliore gradimento. E’, ad esempio, il caso del Patriarca Ortodosso Antonios che è stato rimosso dalla sua posizione dal Sinodo controllato dal governato il 13 gennaio 2006 per aver criticato le ingerenze governative nelle attività della Chiesa. Antonios, che allora era stato posto agli arresti domiciliari, è stato recentemente trasferito ad una destinazione detentiva ignota. Secondo il rapporto di Amnesty International Antonios si trova in stato di detenzione incommunicado, e privo dell’adeguata assistenza medica di cui necessita. Si svolgerà a Londra il 27 giugno prossimo, a St. Mary’s-on-Paddington-Green, una manifestazione a sostegno di Abuna Antonios e di tutti i cristiani attualmente imprigionati in Eritrea a causa della loro fede religiosa. Ad essa interverranno il Metropolita Seraphim, il Vescovo Angaelos, Dr. Gerald Gotzen (Globe Trotting), Dr. Martin Hill (Amnesty International), Elizabeth Chyrum (Human Rights Concern - Eritrea).
Migliaia di Cristiani Ortodossi, più di 2.000 Cristiani Evangelici, Musulmani e altri gruppi religiosi vengono perseguitati, e imprigionati senza formalizzazione di atti di accusa e senza processo, in condizioni disumane.



La relazione, ufficiale e no, tra Italia ed Eritrea
In tempi recenti le relazioni tra Italia ed Eritrea non sono state solo quelle dei tentativi di instaurare accordi politici, culturali e commerciali, né quelle che hanno portato alle espulsioni dall’Eritrea di gran parte delle ONG italiane, dei Carabinieri inquadrati nella missione UNMEE, o dell’Ambasciatore Antonio Bandini nel 2001 e del Segretario d’Ambasciata Ludovico Serra nel 2006, seguite, per reciprocità, dalle espulsioni dei loro omologhi eritrei dall’Italia.

Dal 2000 sono innumerevoli gli sbarchi clandestini di cittadini eritrei sulle coste italiane. Essi fuggono, a rischio della vita, da una situazione di repressione umana e politica, e dal blocco delle attività produttive sacrificate alla totale militarizzazione del paese.
La coscrizione in Eritrea è obbligatoria ed a tempo indeterminato. Gli studenti delle scuole superiori sono costretti a frequentare l’ultimo anno scolastico presso i campi di addestramento militare. Il servizio di leva militare si svolge in condizioni di estremo disagio e di inaudita violenza, soprattutto nei confronti delle giovani reclute femminili che spesso oggetto di stupro da parte dei superiori in grado. Gli obiettori di coscienza e i renitenti alla leva vengono rastrellati nei villaggi, nelle città, e nelle case, sottoposti alla tortura e a condizioni di reclusione disumane all’interno di container metallici esposti alle calure della depressione dankala. Nel caso in cui si riesca da parte di qualcuno a eludere il reclutamento forzato, sono allora le famiglie ad essere perseguitate.

Per sfuggire a tale stato di cose migliaia di giovani e meno giovani eritrei sono costretti alla fuga dal loro paese e a tentare le vie di migrazione possibili: la più consistente tra queste, com’è noto, è l’Italia.

Una volta in Italia gli eritrei che riescono a sopravvivere all’attraversamento a piedi del deserto e alla traversata del mar Mediterraneo entrano in buona parte in contatto con organismi umanitari e di accoglienza che generosamente si adoperano per affrontare i problemi delle prime urgenze.
Tali organismi sono di fatto in relazione di “cooperazione umanitaria” con l’ambasciata eritrea in Italia, e con gli uffici consolari che gestiscono, in territorio italiano, il servizio di intelligence che ha l’obiettivo di sorvegliare l’operato dei loro connazionali immigrati, legalmente e illegalmente, in Italia. E’ per questa via che chi cerca rifugio dalla dittatura del suo paese, si ritrova in Italia a continuare ad essere sotto il suo controllo.
Le relazioni amichevoli tra tali organismi umanitari e il governo dell’Eritrea determinano, come involontaria e forse inconsapevole conseguenza, il nuovo assoggettamento dei cittadini eritrei alla violenza del regime al quale hanno tentato di sfuggire.

La genericità nelle relazioni ufficiali di cooperazione e politiche tra Italia ed Eritrea è determinante di questa situazione:
i progetti di cooperazione di molti Consigli Regionali italiani, come quelli di Province e Comuni, di EE. LL., e di alcune ONG ancora presenti in Eritrea, sono necessari alla popolazione eritrea, ma sembrano non considerare le caratteristiche politiche del territorio cui si rivolgono;
non risulta che le relazioni politiche tra il Governo italiano e il dittatore eritreo Isayas Afwerki si fondino sull’esercizio della critica, né che vadano oltre gli auspici di sempre migliori rapporti stabili e collaborativi, compromessi da “orientamenti sempre più rigidi che ostacolano la tutela dei legittimi interessi dell'Italia”, in colloqui finalizzati a ridare all’Italia un “giusto ruolo di supporto allo sviluppo dei paesi africani storicamente a noi più vicini”;
non risulta alcuna azione politica del Governo italiano tendente alla condanna della grave situazione che continua a caratterizzare l’Eritrea e il suo popolo. A proposito dell’incontro tra il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il dittatore eritreo Isayas Afwerki, abbiamo anzi letto che “il presidente del Consiglio ha manifestato la disponibilità italiana a rilanciare le relazioni tra i due paesi”, e non diversamente è avvenuto nel più recente incontro tra il Ministro D’Alema e il nuovo Ministro degli Esteri eritreo.
Questo avviene senza che sia stata posta alcuna condizione, quella ad esempio del ristabilimento in Eritrea di un clima di civile convivenza e di rispetto dei diritti civili delle popolazioni, quando da parte di numerosi altri paesi viene sospesa la concessione dei visti di ingresso al personale diplomatico eritreo. E l’ambasciatore Gaetano Martinez Tagliavia, per quanto riguarda il ruolo del governo dell’Eritrea nel Corno d’Africa, ha dichiarato che tutti i governi stanno cominciando a capire il suo ruolo e che il governo dell’Italia loda e sostiene gli sforzi dell’Eritrea.

La situazione oggettiva che deriva da tali comportamenti determina l’instaurarsi di un circolo vizioso tale per cui:
i progetti di cooperazione proseguono con la soddisfazione di quanti li promuovono e di quanti ne sono destinatari;
le relazioni politiche tra i due paesi si cristallizzano nel silenzio delle valutazioni.

Gli Eritrei in Italia
Da questo stato di fatto discende implicitamente, per le rappresentanze diplomatiche e consolari eritree in Italia, l’autorizzazione a proseguire in maniera sempre più aggressiva il sistema poliziesco di controllo e di repressione nei confronti degli immigrati che si sostanzia in:
ricatti e intimidazioni dirette;
ricatti ed intimidazioni ai familiari che risiedono in Eritrea;
vessazioni economiche;
emarginazione nei confronti dei connazionali residenti in Italia;
aggressioni morali e fisiche.
Vittime di aggressioni morali e fisiche e oggetto di pedinamenti sono anche, e sempre più ripetutamente, anche quei cittadini italiani che manifestano la loro opposizione alla dittatura e il loro impegno per il rispetto dei diritti umani e per la transizione verso la democrazia in Eritrea.

La questione dei rifugiati eritrei e il riconoscimento all’asilo politico e umanitario
Un numero non indifferente di giovani eritrei, ragazze e ragazzi, per la maggior parte ex-soldati o giovani fuggiti dalla coscrizione obbligatoria, si trovano in Italia in questo momento. Sono giunti in Italia per vie che solo la disperazione può fare sopportare. Loro si ritengono fortunati perché a differenza di quelli che hanno lasciato dietro, sperano di trovare accoglienza e protezione in Italia.
Molti eritrei sono morti in mare, nel deserto, nelle carceri libiche, tunisine, spesso vittime di accordi euro-mediterranei.
Europa e Italia si sono rese complici delle violazioni dei diritti umani, civili, religiosi di cui sono vittime i profughi che vengono respinti. Negli ultimi anni l’atteggiamento di insensibilità dell’Italia verso il dramma dei profughi eritrei e richiedenti asilo politico, continuano a suscitare un forte sentimento di malcontento verso le Istituzioni da parte di quest’ultimi. In questi giorni circa 500 giovani eritrei, tra cui alcune donne con figli, si trovano rinchiusi nelle carceri libiche. Essi rischiano di essere rimandati al paese di origine, con le ben note nefaste conseguenze.
I rifugiati e i richiedenti asilo politico provenienti dal Corno d’Africa vivono in Italia una condizione di vita priva di alcun diritto e di ogni tutela legislativa: da anni si attende una legge organica sul diritto d’asilo in Italia.
Il sistema di accoglienza dei rifugiati, e non solo eritrei, è pressoché fallimentare, e le possibilità d’integrazione vicinissime allo zero. I tempi per ottenere un documento, per rinnovare il permesso di soggiorno o per il documento di viaggio spesso sono talmente lunghi che paralizzano le possibilità di progettare il futuro.
Non esiste in Italia alcuna parità di diritti/doveri dei rifugiati con gli altri cittadini. Essi sono pressoché abbandonati dallo Stato, oltre che vittime di svariate forme di discriminazione, già nei centri d’accoglienza dove vengono lesi i diritti alla privacy, alla libertà, alla salute, all’informazione. Ai richiedenti asilo politico non viene garantita alcuna sicurezza.

Riteniamo che sia doveroso, da parte italiana, riconoscere il diritto all’asilo:
- umanitario a chi proviene dall’Eritrea da profugo e si trovi in condizione di rifugiato.
- politico a chi, proveniente dall’Eritrea,
o sia renitente, o in attesa di adempiere al servizio militare, o ad esso sfuggito
o sia giornalista
o professi una religione bandita o perseguitata
o si dichiari appartenente all’opposizione o perseguitato dal regime.

E’, d’altro canto, molto significativa la dichiarazione fatta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il giorno 20 giugno in occasione della “Giornata Mondiale del Rifugiato”: “Guardo con favore al fatto che finalmente il Parlamento italiano rimetta in moto il processo di riforma del diritto di asilo in Italia e constato con particolare soddisfazione che uno dei progetti in discussione è a firma dei rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione”.

Conoscenze da aggiornare
Riteniamo che questo stato delle relazioni Italia-Eritrea discenda da una non aggiornata conoscenza, da parte italiana, della involuzione civile e politica in atto dal 1998 in Eritrea.
Gli stessi documenti che a proposito di Eritrea vengono espressi dall’Unione Europea risentono di una simile situazione. Tant’è che la recente Risoluzione del 10 maggio 2007 auspica lo viluppo delle relazioni tra Unione Europea e Eritrea su accordi economici e di partenariato.

Ci interroghiamo su quali azioni il Governo italiano, impegnato positivamente a livello internazionale nella ricerca di pace e sviluppo per i popoli, intenda attuare per dare giusta voce alle forze di opposizione eritree e a chi da tempo denuncia le ripetute violazioni dei più elementari diritti civili.


Il Presidente dell’AHCS



Roma 03 luglio 2007 Mussie Zerai Yosief








Il Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea

di cui fanno parte:
A.H.S.C., Agenzia Habeshia per lo Sviluppo e la Cooperazione, Roma (agenzia_habeshia@yahoo.it) http://hanibal.blogspot.com - A.I.E.I., Associazione Immigrati Eritrei in Italia, Milano (assoeritrea@libero.it) - ARCI Corvetto, Associazione Nazionale di promozione sociale, Milano (scovazzi@arci.it) – ASPER, Associazione per la tutela dei diritti umani del Popolo Eritreo, Napoli (asper@tim.it) - MOSSOB, Comitato Italiano per un’Eritrea democratica, Milano (mossob2004@tiscali.it) - P.D.E., Ass. per il Partito Democratico Eritreo in Italia, organizz. pol. dell’opposizione eritrea in diaspora, Milano (partitode.italia@gmail.com).

Lettera Consegnata On. Sentinelli


Sottosegretario agli Affari Esteri
On.le Patrizia Sentinelli


Roma, 26 giugno 2007


ERITREA – DIRITTI UMANI
Promemoria

Violazione dei diritti umani in Eritrea

Eritrea e Corno d’Africa
La situazione politica del Corno d’Africa è strettamente connessa con la vicenda della dittatura eritrea.
L’Eritrea ricopre un ruolo importante nel Corno d’Africa, e per la centralità della sua posizione geografica, e per il ruolo che essa vi svolge nelle relazioni con i paesi limitrofi, e con quelli ad essi correlati, non ultimo l’Iran, cui recenti accordi garantiscono appoggio da parte eritrea a proposito di nucleare in cambio di sostegno commerciale. In particolare:
con lo Yemen sono aperte da anni latenti controversie sullo spazio marittimo e sul controllo di alcune isole del mar Rosso;
in Somalia è rilevante l’appoggio dato alle Islamic Courts nel recente e attuale conflitto, anche con forniture militari avvenute in violazione dell’embargo;
Asmara è stata sede delle recentissime trattative tra le parti del conflitto interno sudanese;
con l’Etiopia non si è sopita, dopo gli accordi di pace conseguenti alla guerra 1998-200, la conflittualità, ancora combattuta by proxy in Somalia, a proposito delle questioni confinarie intorno alla zona di Badme. La responsabilità della mancata risoluzione di tali questioni viene attribuita, oltre che all’Etiopia, alla mancanza di impegno da parte del consesso internazionale.

L’Eritrea, in tempi assai recenti, rischiato delle infiltrazioni nel suo territorio nazionale movimenti del terrorismo internazionale, testimonia dell’atteggiamento della dittatura al potere in quel paese nei confronti della pace e dei diritti umani. Disprezzo che si manifesta anche con l’espulsione dal suo territorio delle organizzazioni umanitarie, italiane e internazionali, che per anni vi sono state attive.

Il ruolo dell’Eritrea nel Corno d’Africa è rilevante, e non si può pensare a un percorso di pace e di democrazia in quell’area senza il suo contributo.
Perché tale percorso possa realizzarsi è necessario che l’Eritrea, come l’Etiopia, sospenda il suo comportamento destabilizzante; è necessario cioè che la dittatura abbia fine e che il popolo eritreo possa riprendere il percorso di pace, di stabilità democratica, e di benessere sociale, in nome del quale ha combattuto per oltre un trentennio.

Attività imprenditoriali estere in Eritrea sostengono la dittatura, e hanno arricchito le finanze private del dittatore. Ad attività illecite e violente l’Italia ha contribuito con la tacita approvazione del suo Governo.

Diritti umani in Eritrea
In Eritrea vige una dittatura tra le peggiori al mondo. Le violente politiche repressive e antidemocratiche attuate dal governo eritreo colpiscono soprattutto la popolazione in un paese ormai ridotto al terrore, in cui la sola presunzione di un’idea costa l’imprigionamento, la tortura, la mutilazione o la morte, in cui vengono violati sistematicamente i diritti umani e civili, in cui la popolazione è continuamente vessata per ogni rispetto. La situazione eritrea è ampiamente documentata dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, di Reporters sans Frontieres, delle Nazioni Unite, della stessa Unione Europea, oltre che dai partiti dell’opposizione in diaspora e dalle organizzazioni come Mossob, Asper, Agenzia Habeshia, Eritrean Democrats, Eritrean Civic Societies, ecc., firmatarie di questo documento.

Nel 2001 in Eritrea sono stati incarcerati incommunicado, senza capi di imputazione e quindi senza processo, undici ministri: chiedevano che fosse approvata in Parlamento la costituzione già da tempo elaborata. Nulla si sa della loro sorte, nonostante le ripetute e inascoltate richieste di Amnesty International e delle Nazioni Unite.
Migliaia di prigionieri sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, in condizioni di aperta violazione di ogni regola internazionale, impediti alle visite della Croce Rossa Internazionale e alla comunicazione con i familiari.
E’ vietata la costituzione di organismi politici di opposizione, e i partiti dell’opposizione operanti nella diaspora sono oggetto di continue minacce e aggressioni.
Chiusa l’Università di Asmara e molti dei suoi studenti e insegnanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Altri sono stati vittime di mortali incidenti.
Chiusi sono i giornali non governativi e molti giornalisti sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione; non è ammessa la presenza di giornalisti esteri: l’ultimo di essi, corrispondente della BBC, è stato espulso dal paese nel 2003. Non vengono rilasciati visti d’ingresso a giornalisti stranieri.
Viene regolarmente praticata la tortura e la mutilazione nei posti di polizia, nelle prigioni, nei luoghi dell’addestramento militare.
Vengono lesi i diritti consuetudinari sulla proprietà del terreni agricoli di alcune minoranze etniche.
E’ vietata la libertà di culto alle confessioni religiose minoritarie, i cui rappresentanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Le principali confessioni religiose sono sottoposte a stretta vigilanza poliziesca, ed i loro dirigenti arbitrariamente rimossi dal governo, detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, e sostituiti con altri di migliore gradimento. E’, ad esempio, il caso del Patriarca Ortodosso Antonios che è stato rimosso dalla sua posizione dal Sinodo controllato dal governato il 13 gennaio 2006 per aver criticato le ingerenze governative nelle attività della Chiesa. Antonios, che allora era stato posto agli arresti domiciliari, è stato recentemente trasferito ad una destinazione detentiva ignota. Secondo il rapporto di Amnesty International Antonios si trova in stato di detenzione incommunicado, e privo dell’adeguata assistenza medica di cui necessita. Si svolgerà a Londra il 27 giugno prossimo, a St. Mary’s-on-Paddington-Green, una manifestazione a sostegno di Abuna Antonios e di tutti i cristiani attualmente imprigionati in Eritrea a causa della loro fede religiosa. Ad essa interverranno il Metropolita Seraphim, il Vescovo Angaelos, Dr. Gerald Gotzen (Globe Trotting), Dr. Martin Hill (Amnesty International), Elizabeth Chyrum (Human Rights Concern - Eritrea).
Migliaia di Cristiani Ortodossi, più di 2.000 Cristiani Evangelici, Musulmani e altri gruppi religiosi vengono perseguitati, e imprigionati senza formalizzazione di atti di accusa e senza processo, in condizioni disumane.

La relazione, ufficiale e no, tra Italia ed Eritrea
In tempi recenti le relazioni tra Italia ed Eritrea non sono state solo quelle dei tentativi di instaurare accordi politici, culturali e commerciali, né quelle che hanno portato alle espulsioni dall’Eritrea di gran parte delle ONG italiane, dei Carabinieri inquadrati nella missione UNMEE, o dell’Ambasciatore Antonio Bandini nel 2001 e del Segretario d’Ambasciata Ludovico Serra nel 2006, seguite, per reciprocità, dalle espulsioni dei loro omologhi eritrei dall’Italia.

Dal 2000 sono innumerevoli gli sbarchi clandestini di cittadini eritrei sulle coste italiane. Essi fuggono, a rischio della vita, da una situazione di repressione umana e politica, e dal blocco delle attività produttive sacrificate alla totale militarizzazione del paese.
La coscrizione in Eritrea è obbligatoria ed a tempo indeterminato. Gli studenti delle scuole superiori sono costretti a frequentare l’ultimo anno scolastico presso i campi di addestramento militare. Il servizio di leva militare si svolge in condizioni di estremo disagio e di inaudita violenza, soprattutto nei confronti delle giovani reclute femminili, spesso oggetto di stupro da parte dei superiori in grado. Gli obiettori di coscienza e i renitenti alla leva vengono rastrellati nei villaggi, nelle città, e nelle case, sottoposti alla tortura e a condizioni di reclusione disumane all’interno di container metallici esposti alle calure della depressione dankala. Nel caso in cui si riesca da parte di qualcuno a eludere il reclutamento forzato, sono allora le famiglie ad essere perseguitate.

Per sfuggire a tale stato di cose migliaia di giovani e meno giovani eritrei sono costretti alla fuga dal loro paese e a tentare le vie di migrazione possibili: la più consistente tra queste, com’è noto, è l’Italia.

Una volta in Italia gli eritrei che riescono a sopravvivere all’attraversamento a piedi del deserto e alla traversata del mar Mediterraneo entrano in buona parte in contatto con organismi umanitari e di accoglienza che generosamente si adoperano per affrontare i problemi delle prime urgenze.
Tali organismi sono di fatto in relazione di “cooperazione umanitaria” con l’ambasciata eritrea in Italia, e con gli uffici consolari che gestiscono, in territorio italiano, il servizio di intelligence che ha l’obiettivo di sorvegliare l’operato dei loro connazionali immigrati, legalmente e illegalmente, in Italia. E’ per questa via che chi cerca rifugio dalla dittatura del suo paese, si ritrova in Italia a continuare ad essere sotto il suo controllo.
Le relazioni amichevoli tra tali organismi umanitari e il governo dell’Eritrea determinano, come involontaria e forse inconsapevole conseguenza, il nuovo assoggettamento dei cittadini eritrei alla violenza del regime al quale hanno tentato di sfuggire.

La genericità nelle relazioni ufficiali di cooperazione e politiche tra Italia ed Eritrea è determinante di questa situazione:
i progetti di cooperazione di molti Consigli Regionali italiani, come quelli di Province e Comuni, di EE. LL., e di alcune ONG ancora presenti in Eritrea, sono necessari alla popolazione eritrea, ma sembrano non considerare le caratteristiche politiche del territorio cui si rivolgono;
non risulta che le relazioni politiche tra il Governo italiano e il dittatore eritreo Isayas Afwerki si fondino sull’esercizio della critica, né che vadano oltre gli auspici di sempre migliori rapporti stabili e collaborativi, compromessi da “orientamenti sempre più rigidi che ostacolano la tutela dei legittimi interessi dell'Italia”, in colloqui finalizzati a ridare all’Italia un “giusto ruolo di supporto allo sviluppo dei paesi africani storicamente a noi più vicini”;
non risulta alcuna azione politica del Governo italiano tendente alla condanna della grave situazione che continua a caratterizzare l’Eritrea e il suo popolo. A proposito dell’incontro tra il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il dittatore eritreo Isayas Afwerki, abbiamo anzi letto che “il presidente del Consiglio ha manifestato la disponibilità italiana a rilanciare le relazioni tra i due paesi”, e non diversamente è avvenuto nel più recente incontro tra il Ministro D’Alema e il nuovo Ministro degli Esteri eritreo.
Questo avviene senza che sia stata posta alcuna condizione, quella ad esempio del ristabilimento in Eritrea di un clima di civile convivenza e di rispetto dei diritti civili delle popolazioni, quando da parte di numerosi altri paesi viene sospesa la concessione dei visti di ingresso al personale diplomatico eritreo. E l’ambasciatore Gaetano Martinez Tagliavia, per quanto riguarda il ruolo del governo dell’Eritrea nel Corno d’Africa, ha dichiarato che tutti i governi stanno cominciando a capire il suo ruolo e che il governo dell’Italia loda e sostiene gli sforzi dell’Eritrea.

La situazione oggettiva che deriva da tali comportamenti determina l’instaurarsi di un circolo vizioso tale per cui:
i progetti di cooperazione proseguono con la soddisfazione di quanti li promuovono e di quanti ne sono destinatari;
le relazioni politiche tra i due paesi si cristallizzano nel silenzio delle valutazioni.

Gli Eritrei in Italia
Da questo stato di fatto discende implicitamente, per le rappresentanze diplomatiche e consolari eritree in Italia, l’autorizzazione a proseguire in maniera sempre più aggressiva il sistema poliziesco di controllo e di repressione nei confronti degli immigrati che si sostanzia in:
ricatti e intimidazioni dirette;
ricatti ed intimidazioni ai familiari che risiedono in Eritrea;
vessazioni economiche;
emarginazione nei confronti dei connazionali residenti in Italia;
aggressioni morali e fisiche.
Vittime di aggressioni morali e fisiche e oggetto di pedinamenti sono anche, e sempre più ripetutamente, anche quei cittadini italiani che manifestano la loro opposizione alla dittatura e il loro impegno per il rispetto dei diritti umani e per la transizione verso la democrazia in Eritrea.

La questione dei rifugiati eritrei e il riconoscimento all’asilo politico e umanitario
Un numero non indifferente di giovani eritrei, ragazze e ragazzi, per la maggior parte ex-soldati o giovani fuggiti dalla coscrizione obbligatoria, si trovano in Italia in questo momento. Sono giunti in Italia per vie che solo la disperazione può fare sopportare. Loro si ritengono fortunati perché a differenza di quelli che hanno lasciato dietro, sperano di trovare accoglienza e protezione in Italia.
Molti eritrei sono morti in mare, nel deserto, nelle carceri libiche, tunisine, spesso vittime di accordi euro-mediterranei.
Europa e Italia si sono rese complici delle violazioni dei diritti umani, civili, religiosi di cui sono vittime i profughi che vengono respinti. Negli ultimi anni l’atteggiamento di insensibilità dell’Italia verso il dramma dei profughi eritrei e richiedenti asilo politico continua a suscitare un forte sentimento di malcontento verso le Istituzioni da parte di quest’ultimi. In questi giorni circa 500 giovani eritrei, tra cui alcune donne con figli, si trovano rinchiusi nelle carceri libiche. Essi rischiano di essere rimandati al paese di origine, con le ben note nefaste conseguenze.
I rifugiati e i richiedenti asilo politico provenienti dal Corno d’Africa vivono in Italia una condizione di vita priva di alcun diritto e di ogni tutela legislativa: da anni si attende una legge organica sul diritto d’asilo in Italia.
Il sistema di accoglienza dei rifugiati, e non solo eritrei, è pressoché fallimentare, e le possibilità d’integrazione vicinissime allo zero. I tempi per ottenere un documento, per rinnovare il permesso di soggiorno o per il documento di viaggio spesso sono talmente lunghi che paralizzano le possibilità di progettare il futuro.
Non esiste in Italia alcuna parità di diritti/doveri dei rifugiati con gli altri cittadini. Essi sono pressoché abbandonati dallo Stato, oltre che vittime di svariate forme di discriminazione, già nei centri d’accoglienza dove vengono lesi i diritti alla privacy, alla libertà, alla salute, all’informazione. Ai richiedenti asilo politico non viene garantita alcuna sicurezza.

Riteniamo che sia doveroso, da parte italiana, riconoscere il diritto all’asilo:
- umanitario a chi proviene dall’Eritrea da profugo e si trovi in condizione di rifugiato.
- politico a chi, proveniente dall’Eritrea,
o sia renitente, o in attesa di adempiere al servizio militare, o ad esso sfuggito
o sia giornalista
o professi una religione bandita o perseguitata
o si dichiari appartenente all’opposizione o perseguitato dal regime.

E’, d’altro canto, molto significativa la dichiarazione fatta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il giorno 20 giugno in occasione della “Giornata Mondiale del Rifugiato”: “Guardo con favore al fatto che finalmente il Parlamento italiano rimetta in moto il processo di riforma del diritto di asilo in Italia e constato con particolare soddisfazione che uno dei progetti in discussione è a firma dei rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione”.

Conoscenze da aggiornare
Riteniamo che questo stato delle relazioni Italia-Eritrea discenda da una non aggiornata conoscenza, da parte italiana, della involuzione civile e politica in atto dal 1998 in Eritrea.
Gli stessi documenti che a proposito di Eritrea vengono espressi dall’Unione Europea risentono di una simile situazione. Tant’è che la recente Risoluzione del 10 maggio 2007 auspica lo viluppo delle relazioni tra Unione Europea e Eritrea su accordi economici e di partenariato.

Ci interroghiamo su quali azioni il Governo italiano, impegnato positivamente a livello internazionale nella ricerca di pace e sviluppo per i popoli, intenda attuare per dare giusta voce alle forze di opposizione eritree e a chi da tempo denuncia le ripetute violazioni dei più elementari diritti civili.


Il Presidente dell’AHCS


Mussie Zerai Yosief




Il Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea

di cui fanno parte:
A.H.S.C., Agenzia Habeshia per lo Sviluppo e la Cooperazione, Roma (agenzia_habeshia@yahoo.it) http://habeshia.blogspot.com - A.I.E.I., Associazione Immigrati Eritrei in Italia, Milano (assoeritrea@libero.it) - ARCI Corvetto, Associazione Nazionale di promozione sociale, Milano (scovazzi@arci.it) – ASPER, Associazione per la tutela dei diritti umani del Popolo Eritreo, Napoli (asper@tim.it) - MOSSOB, Comitato Italiano per un’Eritrea democratica, Milano (mossob2004@tiscali.it) - P.D.E., Ass. per il Partito Democratico Eritreo in Italia, organizz. pol. dell’opposizione eritrea in diaspora, Milano (partitode.italia@gmail.com).

Comunicato Stampa 28 giugno 2007

COMUNICATO STAMPA

Udienza Sentinelli – Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea.

Roma, Min. Esteri, 26 giugno 2007 – La Viceministra degli Affari Esteri Patrizia Sentinelli ha ricevuto in udienza formale i rappresentanti del Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea. All’incontro era presente anche il sen. Francesco Martone.
Argomenti sottoposti all’attenzione dell’on.le Sentinelli sono stati la violazione dei diritti umani, sociali e politici ad opera del devastante regime dittatoriale di Isayas Afwerki, e la necessità di un sempre maggiore impegno politico ed umanitario a sostegno dei bisogni delle popolazioni e dei profughi eritrei. La cooperazione umanitaria italiana, che non risulta essere stata fino ad ora interamente censita, dovrà essere certa di raggiungere le fasce bisognose della popolazione. In alcuni casi lavori finanziati dalla cooperazione sono stati eseguiti da militari o, come lavori forzati, da detenuti che non hanno percepito alcun compenso.
L’on.le Sentinelli, condividendo le posizioni del Coordinamento, ha ribadito la ferma posizione critica del Governo italiano nei confronti di quella dittatura, e il Sen. Francesco Martone ha assicurato il suo impegno perchè venga sottoposta ad interrogazione parlamentare la questione del mancato riconoscimento dello status di rifugiati da parte dello Stato italiano e dell'asilo politico per i profughi eritrei in Italia.
Le parti hanno anche concordato sull’urgenza che la Croce Rossa Internazionale debba potersi accertare delle condizioni di salute dei ministri, dei politici, dei giornalisti, dei religiosi e di ogni altro detenuto incommunicado.
Rimane primaria l’esigenza della pronta applicazione del trattato di pace tra Eritrea ed Etiopia perché i due paesi trovino nella pace la via dello sviluppo. La militarizzazione dell’Eritrea (3.500.000 abitanti) è una delle ragioni principali di fuga di migliaia di giovani verso il Sahara e le coste del Mediterraneo.
Nel corso dell’incontro si è anche osservato che in Italia le informazioni sull’Eritrea sono piuttosto scarse, ragione questa per cui poco si sa, anche a livello istituzionale, dell’efferatezza del regime dittatoriale eritreo.

Fanno parte del Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea:
A.H.S.C. Agenzia Habeshia per lo Sviluppo e la Cooperazione (Roma)
A.I.E.I. Associazione Immigrati Eritrei in Italia (Milano)
ARCI Corvetto Associazione Nazionale di promozione sociale (Milano)
ASPER Associazione per la tutela dei diritti umani del Popolo Eritreo (Napoli)
Mossob Comitato Italiano per un’Eritrea democratica (Milano)
e il
P.D.E. Associazione per il Partito Democratico Eritreo in Italia,
organizzazione politica dell’opposizione eritrea in diaspora.

Lettera all'Ambasciatore Eritreo

All’Ambasciata dello
stato di Eritrea
Via Boncompagni, 16/6
00187 Roma


e.c.p Sua Eminenza
Card. Tarcizio Bertone
Segretario di stato Vaticano
00120 Città del Vaticano

On. Patrizia Sentinelli
Sottosegretaria di stato
Ministero degli Affari Esteri
Piazzale della Farnesina, 1
00194 Roma

Dott. Achille Sera
Prefetto di Roma
Via IV Novembre, 119/a
00100 Roma



Il sottoscritto Mussie Zerai Yosief nato ad Asmara il 26.02.1975 residente a Roma in quanto studente seminarista della Congregazione dei Missionari Scalabriniani, titolare del passaporto n° 0093074 rilasciato dall’Autorità di governo dello stato di Eritrea in data 08/04/2000, rinnovato in data 10/07/2002 con scadenza al 06/04/2007, inseguito alla richiesta di rinnovo del su detto passaporto presentata in data 03/07/2007, chiedo di essere informato circa l’esito della stessa, non che circa l’andamento della pratica volta al rinnovo, se vi siano ostacoli al suo positivo epilogo.

Il sottoscritto fa presente che in quanto studente seminarista della Congregazione dei Missionari Scalabriniani, non produce alcun reddito, come del resto a voi noto vita la dichiarazione datata 25/06/2007 fatta dal Vice Superiore della Regione G. B Padre Cavazzini Ennio, presentata unitamente al passaporto in data 03/07/2007 dal sottoscritto presso codesto ambasciata.

Il sottoscritto non producendo alcun reddito, chiede l’esenzione dal pagamento di 2% dello stipendio di ogni lavoratore eritreo residenti in Italia, più le varie contributi richieste dallo stato Eritreo per la difesa dei confini, per i figli dei caduti in guerra, per il sostegno dei invalidi di guerra, sono contributi obbligatori per tutti cittadini eritrei residenti all’estero, fatta eccezione per alcune categorie, gli studenti e i religiosi. L’esenzione da queste tasse e contributi, mi fu concessa nel 2002 precedente rinnovo del mio passaporto, in quanto studente seminarista, dato che non ce nessun cambiamento sul mio stato civile, come lo dimostra la su detta dichiarazione del Vice Superiore della Regione G. B. della Congregazione dei Missionari Scalabriniani.

In caso di esito negativo si chiede la restituzione del su detto passaporto al sottoscritto che ne è il titolare.



Distinti saluti



Roma 06 luglio 2007
Mussie Zerai Yosief

Presentazione A.H.C.S

Presentazione AHCS

L'Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo (AHCS) è stata istituita ufficialmente il 31.03.2006 ma operativa dal 2004, con l'obiettivo di svolgere attività di volontariato esclusivamente per fini di solidarietà in favore di richiedenti asilo, rifugiati, beneficiari di protezione umanitaria presenti in Italia, senza scopo di lucro e di remunerazione, ex L.11 agosto 1991, n. 266.
L'Agenzia realizza iniziative sociali, culturali, ed educative volte a favorire l’integrazione degli immigrati sul territorio nazionale, e attività di sostegno a progetti di rientro nel paese di origine. L'organizzazione inoltre, assicura ai migranti, ai profughi e ai rifugiati assistenza amministrativa, legale, di formazione specialistica e servizi in sintonia con lo scopo associativo. L'Agenzia ha altresì lo scopo di sviluppare e partecipare ad attività di solidarietà, di lotta contro il razzismo, le discriminazioni e l’emarginazione sociale, a salvaguardia dei principi fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali, in particolare la Convenzione europea per i diritti umani e la salvaguardia delle libertà fondamentali.

Attività Svolte :

* Un centro di ascolto:- Interventi di aiuto concreto a chi si trova nel bisogno, con pacchi viveri, vestiario, medicinali, informazioni, orientamento, consulenze per i gruppi di immigrati del Corno d’Africa che vogliono organizzarsi in associazioni Es. Associazione Selam, Associazione Hadinet Eritrawyan nati con l’aiuto nostro, questo per renderli protagonisti loro stessi dei loro diritti e doveri nella società che gli ospita.
* Conferenze sul tema diritti umani, a Roma, Napoli, Caserta 2005 - 2006
* Conferenze sul tema diritto d’asilo in collaborazione con il CIR, 06.05.2005
* Conferenza Eritrea: Pace, Democrazia, Diritti in collaborazione con la Provincia di Roma 23.06.2006
* Incontri istituzionali Ministero degli affari esteri 22.11.2005 tema diritti umani e la diplomazia, con l’ambasciatore Dott. Sanguini
* Audizione alla Commissione straordinaria per diritti umani del Senato il 20.12.2005
* Conferenze sul tema diritto internazionale, in collaborazione con il CIR, la Provincia di Roma e l’Università l’Orientale di Napoli, l’Università Roma Tre, La Sapienza
* Conferenze sul tema rimpatrio volontario e condizioni di vita dei richiedenti asilo politico in Italia nelle varie città Roma, Milano, Bari, Foggia, nel 2004 - 2005 in collaborazione con il CIR ( progetto comunità Europea).
* Conferenza a Bruxelles nella commissione del parlamento europeo in collaborazione con l’ECRE
* Mediazione culturale nei rapporti tra richiedenti asilo politico con le istituzioni, interventi su sistema di accoglienza, la nostra associazione partecipa al tavolo voluto dal consiglio regionale per la nuova legge regionale sull’immigrati, partecipa alle trattative in corso per trovare sistemazione dignitosa a gruppi di rifugiati con il Comune di Roma.
* Manifestazioni per chiedere il rispetto dei diritti dei richiedenti asilo politico, il diritto dei detenuti stranieri, per chiedere verità su morti in carcere, ottenendo un incontro con il Sottosegretario al Ministero di Giustizia.
* Interrogazioni parlamentari in collaborazione con alcuni parlamentari e senatori sul tema diritti umani e civili e i rapporti diplomatici tra Italia e i paesi di origine dei richiedenti asilo politico, sulla loro situazione in Italia, problemi burocratici legato al permesso di soggiorno, documento di viaggio.
* Incontro con il Sottosegretario al Ministero degli affari esteri, On. Patrizia Sentinelli, tema rapporti Italia – Eritrea, diritti umani, civili, e la cooperazione internazionale il 26.06.2007
* Conferenza con presentazione di un libro inchiesta “ Mamadou va a Morire” di Gabriele Del Grande, immigrazione clandestina, i tanti morti nel deserto e nel mare mediteranno, il muro innalzato dalla fortezza Europa, il 21.05.2007 a Campidoglio e il 27.06.2007 a Off!cine.
* Conferenza su morti in carcere, in collaborazione con la Fondazione Lelio Basso il 28.06.2007


Recapiti:

L’Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, A.H.C.S ha la sua sede legale a Roma in Via Casilina, 634

La sua sede operativa e in:
Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo (A.H.C.S)
Via Cornelia 44/a
00166 Roma
E-mail : agenzia_habeshia@yahoo.it
hattp://habeshia.blogspot.com
Cell. +39.3384424202

Cristiani in Carcere in Eritrea

Hello David Turner,
Thank you!
Mussie
"David Turner (National Co-ordinator)" ha scritto:
Hello Marco (and Mussie),

Good to hear that you were received well by Mrs. Sentinelli and I am pleased to hear of the concern of the Italian government.

Our group has had a concern for Eritrea for the past three years or so since I met Dr. Berhane Asmelash (Release Eritrea!) at a conference in London. We have been working closely with Dr. Khataza Gondwe (Christian Solidarity Worldwide) on the annual protest at the Embassy in London.

I will post you on a copy of the materials which we have produced on Eritrea for your interest.

Working together for freedom,

David

--
David Turner
National Co-ordinator
CHRISTIAN CONCERN FOR FREEDOM OF CONSCIENCE
PO Box 10447, Glenageary, Co. Dublin, IRELAND
Telephone: +353-1-282-5393
Website: http://www.ccfc.ie

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On 27/06/2007 11:23, "Marco Cavallarin" wrote:


Hello David,
thank you for the patience you had for my late answer.
Well, yesterday in Rome we met Mrs. Patrizia Sentinelli, which is the viceminister of the Italian Foreign Office. The meeting was centered on Human Rights in Eritrea, and it was very productive: the Italian Government has shown a deep concern, and Mrs. Sentinelli promised us a renewed engagement on this matter. We gave her also your document underlining its importance. Let's hope something useful happens.
I spoke of your mail also to my colleagues belonging to other Italian organizations engaged on human rights in Eritrea, and I suggest you to enter in touch with Mussie (which is reading us Cc), which is more engaged and better connected than me on religious aspects.
I hope that this mail exchange can produce something new and useful on the scenary on which we operate togheter.
Have all my best regards, and my deep whishes for a successfull future in the field of freedom and human respect.
marco
_______
G. Marco Cavallarin - Via G. Donizetti 53, 20122 Milano
tel.: (+39)02.45496029, port.: (+39)333.4620788
giovannimarco.cavallarin@fastwebnet.it
Per l' invio di materiali di grandi dimensioni: mcavallarin@gmail.com

----- Original Message -----
From: David Turner (National Co-ordinator)
To: giovannimarco.cavallarin@fastwebnet.it
Sent: Friday, June 22, 2007 2:23 PM
Subject: Christian prisoners in Eritrea

Hello Marco,

Greetings to you from Ireland.

Gerald Gotzen, our mutual friend, has given me your email address as he knows that I share a concern for the suffering of the people in Eritrea – particularly the Christians who are imprisoned in police stations, containers, military camps etc. Our group is an Irish Christian human rights charity which seeks to support the Persecuted Church around the world by prayer and action.

I am pleased to hear that you are having the opportunity to meet the Italian Foreign Minister on Tuesday and pray that it will be a useful meeting and that he will be able to use his influence to benefit the suffering people of Eritrea. I am sure that you will have many issues to raise with him but below are two reports detailing matters of current concern to us – which you may be able to use.

Regards,

David

Invito presentazione video

Da: Associazione Scrivi di Diritto - Scuola di Giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso
A: info@internazionaleleliobasso.it
Inviato: Lunedì 25 giugno 2007, 15:50:04
Oggetto: invito presentazione video


Cari amici,


vi invitiamo alla proiezione di un video sulla storia di Habteab Eyasu, morto lo scorso anno nel carcere di Civitavecchia. Sulla sua vicenda non è stata fatta ancora chiarezza, ecco perchè ci sembra giusto ricordare la sua storia.


La proiezione si terrà il 28 giugno 2007 alle ore 16.30 presso la sala conferenze della Fondazione Lelio Basso in via della dogana vecchia, 5 - Roma.


Saranno presenti l'autore del video, Federico Triulzi, il senatore Francesco Martone (PRC) che ha presentato un'interrogazione parlamentare sulla vicenda, Gabriele D'Autilia, Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Marco Carsetti, Asinitas Onlus, Moses Zerai, Scalabriniano.

Introduce: Alessandro Triulzi, responsabile del progetto sulle memorie migranti, Fondazione AAMOD.



Cordialmente,

Cecilia Cardito
(Ricercatrice della Fondazione Basso - Sezione Internazionale)

Per informazioni contattare:

Fondazione Basso - Sezione Internazionale
Tel 066877774



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Habteab Eyasu aveva 37 anni, era rifugiato in Italia da 3 anni. È stato trovato morto in cella di isolamento il 14 maggio 2006 nel carcere di Civitavecchia.

Habteab aveva combattuto per l’indipendenza dell’Eritrea ma, dopo lo scoppio della guerra con l’Etiopia e l’instaurazione del regime di Isaias Afewerki, come tanti suoi connazionali, ha deciso di scappare passando per il Sudan, poi per la Libia sino all’arrivo in Italia il 20 agosto 2003 con una delle tante imbarcazioni di fortuna che partono per mano di trafficanti. Giunto in Italia presenta richiesta di asilo politico. Più di un anno dopo ottiene lo status di rifugiato.
Tra l’aprile e il maggio 2006 parte per l’Inghilterra alla ricerca di un lavoro migliore, tornato in Italia viene trasferito nel Cpt di Isola Capo Rizzuto (Crotone) e successivamente nel carcere di Civitavecchia. Il 14 maggio muore, secondo le autorità del carcere, togliendosi la vita mediante impiccagione. I suoi familiari sono stati avvisati solo una settimana dopo il decesso, quando l’autopsia era già stata effettuata. Ci sono foto che mostrano il corpo di Habteab, i medici parlano di contusioni in tutto il corpo, le versioni dei secondini sono incongruenti anche rispetto alle modalità della presunta impiccagione. In una lettera mai spedita trovata tra le cose di Habteab egli si proclama estraneo alle accuse per le quali è stato incarcerato. Rimangono dubbi riguardo il suo rientro in Italia e la sua successiva incarcerazione. Habteab era accusato dalla Procura di Crotone - sulla base di alcune intercettazioni telefoniche - di associazione a delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e riduzione in schiavitù. Il suo arresto è avvenuto all’aeroporto di Fiumicino, ma ancora non è chiaro se sia stato arrestato in Inghilterra su mandato europeo o se dall’Inghilterra sia stato espulso e poi identificato alla frontiera italiana. Durante l’interrogatorio a Civitavecchia, Habteab non ha avuto la possibilità di parlare nella sua lingua, il tigrino. L’interprete era di nazionalità etiope e i due comunicavano in inglese, una lingua che Habteab conosceva poco bene. Habteab si era comunque dichiarato innocente nel merito delle accuse, sebbene ammettesse di conoscere gran parte delle persone della presunta associazione su cui indagava Crotone.
Il caso ha posto molti interrogativi riguardo la morte di Habteab e i motivi del suo arresto, tutto questo inoltre induce a una riflessione sulle condizioni di vita nel carcere di Civitavecchia, non nuovo a episodi del genere, e sul bisogno in Italia di una legge in materia d’asilo politico.



Nel maggio 2007 è stata approvata dalla Regione Lazio una legge che prevede il passaggio di competenze in materia di sanità dall'amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale. Sino ad oggi la competenza nell’ambito della salute è stata di esclusiva pertinenza del Ministero della Giustizia. La legge 230 del 1999 prevedeva il passaggio di competenze della medicina penitenziaria dall’amministrazione penitenziaria alle Asl. Il passaggio era finora avvenuto solo per le tossicodipendenze. Ora, a seguito di protocolli di intesa, verrà assicurata l’integrazione dei servizi. La salute della popolazione detenuta, nel rispetto del principio della universalità delle prestazioni, sarà anche di competenza del Servizio Sanitario Nazionale che dovrà attrezzarsi a riguardo assicurando la prevenzione, la cura, la diagnosi, la terapia. In particolare dovrà essere prestata attenzione ai nuovi giunti, i quali sono maggiormente a rischio suicidario.

Giornata Mondiale dei Rifugiati 20giu2007

Gentili/e Sig.re e Signori

Noi richiedenti asilo politico, rifugiati, provenienti dal Corno D'Africa, viviamo questa ricorenza con molta tristezza e angoscia, perché la nostra condizione di vita in Italia siamo persone senza nessun diritto, non ce una legge che ci tuttela. Sono anni che attendiamo una legge organica su diritto d'asilo in Italia non viene mai fatta, un sistema di accoglienza presso che fallimentare, integrazione presso che zero.
Siamo incondizione di persone disperate, perché i tempi per ottenere un documento o rinovare il permesso di soggiorno e il documento di viaggio speso sono talmente lunghi che paralizano lenostre possibilita di progetare un futturo, un'attivita in proprio, anche farci assumere da un datore di lavoro diventa impossibile.
In un paese come l'Italia ce un ministero per le pari opportunita, ma per noi non ce nessuna parità con un cittadino Italiano, abbiamo uguali doveri ma non uguali diritti. Ci sentiamo vittime di svariate forme di discriminazioni anche allivello istituzionale oggi un rifugiato in Italia pressoche abbandonato dallo stato. Chiediamo una legge organica su diritto di asilo che tuttela e garantisca un'accoglienza dignitosa che non lede il diritto alla PRIVACY e LIBERTA', oggi i centri d'accoglienza non rispettano questi diritti fondamentali della persona, va garantita una SICUREZZA al richiedente asilo politico, oggi inesistente.
Va garantità il diritto alla salute, all'informazione quindi servono mediatori culturali nelle Questure, nei ospedali, nei carceri spesso non ci sono.
Siamo tristi in questa giornata penssando a tanti dei nostri connazionali che sono morti in mare, nel deserto, nei carceri Libici, Marocco, Tunizia, spesso anche vittime di accordi euromediterranio, l'Europa e l'Italia sono complici di tutte le violazioni dei diritti umani, civili, religiosi di cui sono vittime i profughi, che vengono respinti nel Mediterranio, in fatti abbiamo circa 500 solo eritrei nei carceri libici che rischiano di essere espulsi nel paese di origine, con conseguenze nefaste visto i precedenti.
L'Europa sta costruendo un muro anticlandestini nel Mediteranio, esternlizando i suoi confini nell'altra sponda del Mediterranio, però non si interessa di ciò che aviene dietro questo muro, la dignità delle persone viene calpestata, violate le piu elementari diritti della persona, quanti vengono abbandonati nel deserto o lasciati morire nel mare, l'europa non puo fare finità di non vedere cosi come l'Italia non puo non vedere quello che succede in Libia ai nostri connazionali, se questa giornata ha senso deve servire per denunciare al mondo tutto questo.
20.06.2007 Giornata Mondiale dei Rifugiati.

Presidente dell'AHCS
Mussie Zerai Yosief
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://habeshia.blogspot.com

On Tana De Zulueta

On. Tana de Zulueta,
Vogliamo ringraziarla per il suo interessamento, sulla situazione degli eritrei, abbiamo apreso dell'introgazione parlamentare che lei ha fatto, su eritrei salvati dalla Marina Militare Italiana, dopo tre giorni in mare agrapati ad una rete di pescatori di tonno. Noi abbiamo già avuto vari morti nel mare mediterranio, chiediamo in fatti un'audizione per parlare di tutta la situazione attuale dell'Eritrea, le violazioni dei diritti umani, civili, religiosi, la non liberta di espressine, di movimento una dittatura come quella della Corea di Kim.
Chiediamo a Lei di aiutarci ad ottenere la possibilità di essere ascolatati dalla commissione esteri della Camera.
Io le scrivo a nome di tutte le associazioni Eritree in Italia, vogliamo che il parlamento si renda conto della situazione di grave crisi politica, economica, istituzionale versa oggi l'Eritrea.
Per eventuali informazioni mio recapito :
Mussie Zerai Yosief
Presidente dell'AHCS
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://habeshia.blogspot.com

Mondo Acolori Rai

Cari Amici,
Vi informiamo che mercoledì 20 giugno ’07, in coincidenza con la giornata Internazionale dedicata ai Profughi, alle ore 09.40 , sulla rete televisiva RAI 2, verrà trasmesso un documentario sulla situazione dei profughi a Calais, in Francia. Il documentario sarà visibile anche sul sito: http://www.mondoacolori.rai.it/.
Un cordiale saluto.
CCDEI




Coordinamento Democratici Eritrei in Italia
Coordination Committee Eritrean Democrats in Italy
(CCDEI)

Fortress Europe Comunicato Stampa

COMUNICATO STAMPA



L’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione clandestina

FORTRESS EUROPE e INFINITO EDIZIONI


presentano



IL RAPPORTO DI MAGGIO 2007 SULLE VITTIME DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA



135 MORTI NEL SOLO MESE DI MAGGIO, 8.995 CERTI DAL 1988


Roma, 4 giugno 2007. Gabriele del Grande, autore per Infinito edizioni del libro “Mamadou va a morire. La strage dei clandestini nel Mediterraneo” (maggio 2007, euro 14.00) ha pubblicato oggi il rapporto mensile del suo Fortress Europe, l’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione clandestina.



I dati principali del rapporto:



- 135 morti nel mese di maggio 2007, di cui 111 soltanto nel Canale di Sicilia; 8.995 le vittime dal 1988.



- Dimezzano gli sbarchi a Lampedusa. Pronta a partire, a fine luglio, l'operazione Nautilus II di Frontex, per pattugliare le rotte tra la Libia e l'Italia. Ma dalla Libia arrivano brutte notizie.



- Fonti ufficiali confermano: 400 richiedenti asilo eritrei ed etiopi intercettati in mare dalla Guardia costiera libica a dicembre sono ancora detenuti nel carcere di Misratah, a 200 chilometri da Tripoli, in Libia. Tra loro 50 donne e 7 bambini piccoli. Rischiano la deportazione. Lo stesso potrebbe accadere ai migranti che saranno respinti da Frontex quest’estate.



- In Spagna invece crollano gli sbarchi: meno 67% alle Canarie nei primi 4 mesi del 2007, e meno 47% nello Stretto di Gibilterra. A maggio annegano in 24 lungo le rotte spagnole. Decine di dispersi in Senegal. E intanto Madrid costruisce un nuovo cpt ad Almeria e invia un aereo a Capo Verde e uno in Mauritania, dove sono ancora detenuti, da più di 100 giorni, 23 dei 300 passeggeri di una nave fermata a febbraio.



Queste e altre novità sono disponibili sul sito di Fortress Europe, recentemente aggiornato, all’indirizzo http://fortresseurope.blogspot.com



Ricordiamo infine che da metà maggio è disponibile in tutte le librerie e direttamente presso l’editore Infinito edizioni il libro di Gabriele Del Grande, “Mamadou va a morire. La strage dei clandestini nel Mediterraneo”.

Lettera On. Tana de Zulueta

Gentile On.Tana de Zulueta,
Come Le accenavo il 11.05.07 alla conferenza su rifugiati Iraqeni organizata da CIR, la questura di Roma sta negando il rilascio del documento di viaggio, a tutti gli eritrei con permesso per motivi umanitari, dicendoli di andare nel ambascita del paese di origine, solo che succede questo se loro vanno nel ambasciata del paese di origine, l'ambasciata per rilasciare il passaporto chiede a questi cittadini che hanno chiesto asilo politico in Italia, di firmare una dichiarazione di ammissione di essere colpevoli per aver abbandonato il loro paese illegalmente, questo comporta, che un loro congiunto in eritrea deve pagare una somma ingente come indeniso allo stato, se non paga ce l'aresto finche non paga o il sequestro dei beni. il richiedente asilo qui in italia che ha presentato la richiesta di passaporto, dopo aver firmato la dichiarazione che lo condana, pero a pagare sono i suoi famigliari in eritrea, lui deve verssare per tutto il tempo che lui vivrà all'estero il 2% del suo stipendio allo stato eritreo, oltre a tutte le richieste di fondi che l'ambbascita fa ai cittadini eritrei in Italia.
per queste ragioni noi già più di un anno fa tramita l'on. Eletra Deiana, avevamo fatto presente questa situazione anomala alla questura di roma, sucessivamente la questura rilasciava questi documenti di viaggio, ora non sapiamo quali sono i motivi per cui non rilasciano più.
Un altra segnalazione che voglio fare e sulla situazione di richiedenti asilo a fiumiciono, ho racolto alcune testimonianza di persone rimaste bloccate per giorni senza capire le motivazioni, senza un mediatore culturale che le spiega le ragioni e le domande che la polizia di frontira li rivolge, una regazza etiope mi ha raccontato che rimasta 9 giorni a fiumicino dormendo in panchina nella sala transito bloccata dalla polizia, non parlava italiano non parla bane inglese, la polizia nel interogarla senza un tradutore lei non rispondeva perché non capiva, un polizioto l'apresa a schiafi, questi atti di violenza gratuita bisogna intervenire, questa regazza nel fratempo svenuta stata accompagnata in ospedale solo allora ha visto un mediatore. Io mi chiedo dove il diritto della persona ad essere informata dei suoi diritti e doveri? So che a fiumicino che uno sportello del CIR, che però non vengono informati tempestivamente della presenza di un cittadino straniero, richiedente asilo politico.
Grazie per la Sua disponiblita.
Mio recapito:
Mussie Zerai
Presidente dell'A.H.C.S
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://habeshia.blogspot.com