sabato 6 ottobre 2007

Conferenza E.C.R.E a Bruxelles

Conferenza ECRE a Bruxelles su partecipazione rifugiati a programmi di rimpatrio volontario



Dal 16 al 18 febbraio si è tenuta una Conferenza organizzata dall’ECRE -Consiglio Europeo per i Rifugiati e gli Esuli. Le comunità italiane e straniere hanno avuto occasione di confrontarsi su modi e strumenti di potenziamento della partecipazione ai programmi di ritorno volontario in patria, e sulle difficoltà incontrate nella protezione e nell’integrazione. Sia le comunità dei rifugiati in Italia, che quelle altri paesi europei, hanno chiesto una rappresentanza attiva degli interessi dei rifugiati, sottolineando l’importanza del lavoro di rete e della collaborazione con organizzazioni che operano nel settore dell’asilo. In tema di rimpatrio volontario, i rappresentanti delle comunità dei rifugiati hanno espresso inoltre la volontà di non occuparsi solo della preparazione di chi intende rimpatriare, ma di partecipare direttamente anche ai negoziati, alla stipula di eventuali accordi ed alla fase di monitoraggio e reintegrazione. Grande importanza è stata attribuita in particolare alla fase del monitoraggio, da realizzare attraverso un organismo indipendente, per favorire il pieno rispetto degli accordi. La Conferenza ha espresso il desiderio unanime di sostenere le comunità soprattutto dal punto di vista economico, affinché siano rese autosufficienti nel creare un’attività di lobby a livello nazionale ed europeo. Considerando che le comunità dei rifugiati hanno una migliore conoscenza della situazione del paese d’origine e del background socio-economico-politico ed etnico, queste infatti possono offrire un grosso contributo alle autorità dei paesi di asilo nella realizzazione di politiche di protezione ed integrazione nel tessuto sociale, evitando peraltro che vengano commessi errori che possano mettere a rischio la vita dei loro connazionali.

I risultati della Conferenza saranno pubblicati su un manuale online a partire da maggio 2005.



Da un articolo di Mussie Zerai -rappresentante della comunità eritrea

mercoledì 3 ottobre 2007

Foto della giornata Mondiale dei detenuti di coscienza

Il 18 settembre 2007 si e svolta una manifestazione per chiedere la liberazione di tutti detenuti politici, religiosi, obietori di coscienza.
Per chiedere anche alla Comunità Europea di concedere il visto di ingresso ai richiedenti asilo politico eritrei attualmente bloccati in Libia e Sudan.

Visita del Vescovo Ausiliare Mons. Ernesto Mandara

Una discarica della periferia di roma, Ponte Mammolo.
Trasformata in baracopoli dai rifugiati eritrei a Roma. Questo a causa di una falimentare sistema di accoglienza e l'assenza di una legge organica su diritto di asilo in Italia.




Appello alla Comunità Europea

Gentili Sig.re e Sig.ri,
Ci giungono richieste di aiuto dai 600 eritrei detenuti nel carcere di Misratah da 1anno 4 mesi, 5 donne incinte, 60 bambini alcuni nati dentro la struttura carceraria, in condizioni igenico sanitari pessime, tanti di loro si stano ammalando di tbc, e malattie della pelle, infezioni per le donne costrette a partorire nel carcere assistite solamente da altre detenute come loro, totale assenza di assistenza medica, bambini con problemi nel apparato respiratorio, con tendenza asmatici.Ce scarssita di acqua pottabile, 3 barili di acqua per 600 persone.
Ultimamente si parla di altri 160 eritrei che verrano portati nel carcere di Misratah, questo voldire che agravera la situazione di vivibilità che ha già superato il limite, risultato varie persone amalate, cattivi odori, di notte fredo dato che si dorme nel pavimento.
Chiedono l' intervento della Comunità Europea, a finché faccia pressione sul governo libico per liberare queste persone, tutti sono richiedenti asilo politico, ma sul posto non ci sono organizzazioni o ambasciate dei paesi Europei dove presentare la richiesta di asilo politico.Il tentativo dell'UNHCR di spingere che i paesi europei concedano visto di ingresso regolare per richiedenti asilo politico, attendiamo speranzzosi, che la lotta all'ingresso di clandestini comprenda anche canali regolari di ingresso dei richiedenti asilo politico.
Ciò che stanno vivendo loro in totale violazioni dei diritti umani e civili, frutto anche della politica di esternazlizazione dei confini dell'Europa, senza offrire alternative per chi fugge da dittature come quella dell'Eritrea oggi, in fatti lunica colpa di queste 600 persone detenute in carcere nella località di Misratah, e quello di essere fuggiti dalla dittatura eritrea.
Chiediamo al governo Italiano di adoperarsi per una soluzione positiva, di questi cittadini eritrei in carcerati in Libia.


Mussie Zerai
ageniza_habeshia@yahoo.it
http://habeshiablogspot.com
Gentili Sig.re e Sig.ri,
Da più di un anno il sottoscritto Mussie Zerai, mi sono occupato della popolazione di rifugiati politici che fin ora sono stati sistemati dal Comune di Roma a Romanina nel palazzo del Enasarco.
Dopo una serie di trattative con il gabinetto del sindaco, sie giunti ad un progetto elaborato in collaborazione con il X Municipio, Action Migranti, Agenzia Diritti, il Comitato di Associazione Selam che rappresenta i rifugiati Eritrei, Sudanesi, Somali, Etiopi che vivono nel su detto edificio, dopo 10 mesi dalla presentazione del nostro progetto, il comune di Roma ci propone di trasferire i rifugiati che sono stati censiti nel febbraio del 2006, in tre strutture una di queste solo per le famiglie con i figli fatta dei mini appartamenti, mentre per le coppi senza figli e tutti i single, devono stare nelle altre due strutture, senza cucina, bagni collettivi, per i single camere collettive, come tipo di soluzione queste ultime da sempre osteggiate dai rifugiati che chiedono una sistemazione abitativa più vivibile, cioè una camera per ciascuno, un bagno ogni 3-4 persone, una cucina ogni 4-5 persone, una sistemazione abitativa che rispetta la legge regionale sui spazi abitativi per ogni persona, cosi come viene chiesto ai migranti che fanno ricongiungimento famigliare che devono dimostrare idoneità abitativa, anche il comune dovrebbe rispettare la legge nel sistemare queste persone, bisogna uscire dal solito modo di affrontare la questione dei richiedenti asilo politico, rifugiati, titolari di protezione umanitaria, come un emergenza, nel caso romanina il comune avuto un anno e mezzo di tempo per trovare una soluzione dignitosa, rispettosa della privacy dei individui, ma quello che propone ora il gabinetto del sindaco alle coppie senza figli di vivere in una camera senza la possibilità di cucinare, bagni e docce da condividere con tutti gli altri, per i single di stare in una camera 3-4-5 persone il contrario di quello che i rifugiati si attendevano, lontano dallo standard di accoglienza di altri paesi europei come la Granbretagna, Germania, Norvegia, Svezia, Olanda...
Il peggio spetta a tutti quelli che hanno trovato ospitalità presso amici o parenti, oppure semplicemente qualche spazio nel palazzo del Enasarco, con lo sgombero non sanno dove andare, sono decine e decine di persone, coppie, bambini, donne incinte o da poco partorito, questa situazione e frutto di un' assenza totale di una legge organica su diritto di asilo che regola il sistema di accoglienza perché non basta concedere l' asilo politico, ma bisogna accompagnarli, aiutarli per un inserimento nel mondo del lavoro, scuola, nella società civile di questo paese.
Chiediamo al Comune di Roma di tener conto di tutta la situazione che e venuta a crearsi in questo anno mezzo, in quel palazzo ha trovato ospitalità centinaia di richiedenti asilo politico, che i centri di accoglienza gestiti dal 5 dipartimento non hanno potuto soddisfare.

Un cordiale saluti
Mussie Zerai
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://hanibal.blogspot.com

Richiesta di Solidarietà

Gentili Onorevoli Parlamentari e Senatori/ci,

Il sottoscrito Mussie Zerai Yosief, presidente dell'Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, firmatara del Comunicato stampa e documento che vi abbiamo mandato, il 03/07/07 presentavo all'Ambasciata Eritrea in Italia, il mio passaporto con la richiesta del rinnovo del mio passaporto, il giorno successivo brevio telefono mi si comunicava il diniego delle autorità per mancato adempimento del pagamento di contributi richiesti dallo stato eritreo a tutti cittadini eritrei residenti all'estero per la difesa dei confini, per assistenza ai figli di caduti in guerra, ai invalidi di guerra, in più il 2% dal mio stipendio che non percepisco, io non ho nessun reddito in quanto studente seminarista della Congregazione dei Missionari Scalabriniani, come conferma la dichiarazione del Vice Superiore della Regione G.B. dei Missionari Scalabriniani P. Ennio Cavazzini, che ho presentato unitamente al mio passaporto il 03/07/07 all'Ambasciata Eritrea.
Da pagamenti di queste tasse ed contributi obligatori per tutti cittadini eritrei residenti all'estero sono esenti alcune categorie, tri quali gli studenti e i religiosi, data le mie condizione di vita di studente seminarista sono esente come mi fu rinnovato nel 2002, ma ora datta la mia attività a favore dei diritti umani e civili, il sostegno ai cittadini eritrei richiedenti asilo politico in italia, mi si rifiutà il rinnovo del mio passaporto.
Chiedo per tanto la solidarietà di tutte le istituzioni democratiche di questo paese, se l'ambasciata eritrea persistera nella sua posizione, non mi resta che chiedere allo stato Italiano di rilasciarmi un documento di viaggio riconoscendomi rifugiato politico in Italia.
Un cordiale saluto
Il Presidente dell'AHCS
Mussie Zerai Yosief

Commissione Esteri del Senato

All’attenzione della
Commissione Esteri del Senato
On.le Lamberto Dini






ERITREA – DIRITTI UMANI
Promemoria

Violazione dei diritti umani in Eritrea

Eritrea e Corno d’Africa
La situazione politica del Corno d’Africa è strettamente connessa con la vicenda della dittatura eritrea.
L’Eritrea ricopre un ruolo importante nel Corno d’Africa, e per la centralità della sua posizione geografica, e per il ruolo che essa vi svolge nelle relazioni con i paesi limitrofi, e con quelli ad essi correlati, non ultimo l’Iran, cui recenti accordi garantiscono appoggio da parte eritrea a proposito di nucleare in cambio di sostegno commerciale. In particolare:
con lo Yemen sono aperte da anni latenti controversie sullo spazio marittimo e sul controllo di alcune isole del mar Rosso;
in Somalia è rilevante l’appoggio dato alle Islamic Courts nel recente e attuale conflitto, anche con forniture militari avvenute in violazione dell’embargo;
Asmara è stata sede delle recentissime trattative tra le parti del conflitto interno sudanese;
con l’Etiopia non si è sopita, dopo gli accordi di pace conseguenti alla guerra 1998-200, la conflittualità, ancora combattuta by proxy in Somalia, a proposito delle questioni confinarie intorno alla zona di Badme. La responsabilità della mancata risoluzione di tali questioni viene attribuita, oltre che all’Etiopia, alla mancanza di impegno da parte del consesso internazionale.

L’Eritrea, in tempi assai recenti, ha rischiato infiltrazioni del terrorismo internazionale nel suo territorio, l’eccessivo avvicinamento con le corti islamiche della somalia testimonia dell’atteggiamento della dittatura al potere in quel paese nei confronti della pace e dei diritti umani. Disprezzo che si manifesta anche con l’espulsione dal suo territorio delle organizzazioni umanitarie, italiane e internazionali, che per anni vi sono state attive.

Il ruolo dell’Eritrea nel Corno d’Africa è rilevante, e non si può pensare a un percorso di pace e di democrazia in quell’area senza il suo contributo.
Perché tale percorso possa realizzarsi è necessario che l’Eritrea, come l’Etiopia, sospenda il suo comportamento destabilizzante; è necessario cioè che la dittatura abbia fine e che il popolo eritreo possa riprendere il percorso di pace, di stabilità democratica, e di benessere sociale, in nome del quale ha combattuto per oltre un trentennio.

Attività imprenditoriali estere in Eritrea sostengono la dittatura, e hanno arricchito le finanze private del dittatore. Ad attività illecite e violente l’Italia ha contribuito con la tacita approvazione del suo Governo.

Diritti umani in Eritrea
In Eritrea vige una dittatura tra le peggiori al mondo. Le violente politiche repressive e antidemocratiche attuate dal governo eritreo colpiscono soprattutto la popolazione in un paese ormai ridotto al terrore, in cui la sola presunzione di un’idea costa l’imprigionamento, la tortura, la mutilazione o la morte, in cui vengono violati sistematicamente i diritti umani e civili, in cui la popolazione è continuamente vessata per ogni rispetto. La situazione eritrea è ampiamente documentata dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, di Reporters sans Frontieres, delle Nazioni Unite, della stessa Unione Europea, oltre che dai partiti dell’opposizione in diaspora e dalle organizzazioni come Mossob, Asper, Agenzia Habeshia, Eritrean Democrats, Eritrean Civic Societies, ecc., firmatarie di questo documento.

Nel 2001 in Eritrea sono stati incarcerati incommunicado, senza capi di imputazione e quindi senza processo, undici ministri: chiedevano che fosse approvata in Parlamento la costituzione già da tempo elaborata. Nulla si sa della loro sorte, nonostante le ripetute e inascoltate richieste di Amnesty International e delle Nazioni Unite.
Migliaia di prigionieri sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, in condizioni di aperta violazione di ogni regola internazionale, impediti alle visite della Croce Rossa Internazionale e alla comunicazione con i familiari.
E’ vietata la costituzione di organismi politici di opposizione, e i partiti dell’opposizione operanti nella diaspora sono oggetto di continue minacce e aggressioni.
Chiusa l’Università di Asmara e molti dei suoi studenti e insegnanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Altri sono stati vittime di mortali incidenti.
Chiusi sono i giornali non governativi e molti giornalisti sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione; non è ammessa la presenza di giornalisti esteri: l’ultimo di essi, corrispondente della BBC, è stato espulso dal paese nel 2003. Non vengono rilasciati visti d’ingresso a giornalisti stranieri.
Viene regolarmente praticata la tortura e la mutilazione nei posti di polizia, nelle prigioni, nei luoghi dell’addestramento militare.
Vengono lesi i diritti consuetudinari sulla proprietà del terreni agricoli di alcune minoranze etniche.
E’ vietata la libertà di culto alle confessioni religiose minoritarie, i cui rappresentanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Le principali confessioni religiose sono sottoposte a stretta vigilanza poliziesca, ed i loro dirigenti arbitrariamente rimossi dal governo, detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, e sostituiti con altri di migliore gradimento. E’, ad esempio, il caso del Patriarca Ortodosso Antonios che è stato rimosso dalla sua posizione dal Sinodo controllato dal governato il 13 gennaio 2006 per aver criticato le ingerenze governative nelle attività della Chiesa. Antonios, che allora era stato posto agli arresti domiciliari, è stato recentemente trasferito ad una destinazione detentiva ignota. Secondo il rapporto di Amnesty International Antonios si trova in stato di detenzione incommunicado, e privo dell’adeguata assistenza medica di cui necessita. Si svolgerà a Londra il 27 giugno prossimo, a St. Mary’s-on-Paddington-Green, una manifestazione a sostegno di Abuna Antonios e di tutti i cristiani attualmente imprigionati in Eritrea a causa della loro fede religiosa. Ad essa interverranno il Metropolita Seraphim, il Vescovo Angaelos, Dr. Gerald Gotzen (Globe Trotting), Dr. Martin Hill (Amnesty International), Elizabeth Chyrum (Human Rights Concern - Eritrea).
Migliaia di Cristiani Ortodossi, più di 2.000 Cristiani Evangelici, Musulmani e altri gruppi religiosi vengono perseguitati, e imprigionati senza formalizzazione di atti di accusa e senza processo, in condizioni disumane.



La relazione, ufficiale e no, tra Italia ed Eritrea
In tempi recenti le relazioni tra Italia ed Eritrea non sono state solo quelle dei tentativi di instaurare accordi politici, culturali e commerciali, né quelle che hanno portato alle espulsioni dall’Eritrea di gran parte delle ONG italiane, dei Carabinieri inquadrati nella missione UNMEE, o dell’Ambasciatore Antonio Bandini nel 2001 e del Segretario d’Ambasciata Ludovico Serra nel 2006, seguite, per reciprocità, dalle espulsioni dei loro omologhi eritrei dall’Italia.

Dal 2000 sono innumerevoli gli sbarchi clandestini di cittadini eritrei sulle coste italiane. Essi fuggono, a rischio della vita, da una situazione di repressione umana e politica, e dal blocco delle attività produttive sacrificate alla totale militarizzazione del paese.
La coscrizione in Eritrea è obbligatoria ed a tempo indeterminato. Gli studenti delle scuole superiori sono costretti a frequentare l’ultimo anno scolastico presso i campi di addestramento militare. Il servizio di leva militare si svolge in condizioni di estremo disagio e di inaudita violenza, soprattutto nei confronti delle giovani reclute femminili che spesso oggetto di stupro da parte dei superiori in grado. Gli obiettori di coscienza e i renitenti alla leva vengono rastrellati nei villaggi, nelle città, e nelle case, sottoposti alla tortura e a condizioni di reclusione disumane all’interno di container metallici esposti alle calure della depressione dankala. Nel caso in cui si riesca da parte di qualcuno a eludere il reclutamento forzato, sono allora le famiglie ad essere perseguitate.

Per sfuggire a tale stato di cose migliaia di giovani e meno giovani eritrei sono costretti alla fuga dal loro paese e a tentare le vie di migrazione possibili: la più consistente tra queste, com’è noto, è l’Italia.

Una volta in Italia gli eritrei che riescono a sopravvivere all’attraversamento a piedi del deserto e alla traversata del mar Mediterraneo entrano in buona parte in contatto con organismi umanitari e di accoglienza che generosamente si adoperano per affrontare i problemi delle prime urgenze.
Tali organismi sono di fatto in relazione di “cooperazione umanitaria” con l’ambasciata eritrea in Italia, e con gli uffici consolari che gestiscono, in territorio italiano, il servizio di intelligence che ha l’obiettivo di sorvegliare l’operato dei loro connazionali immigrati, legalmente e illegalmente, in Italia. E’ per questa via che chi cerca rifugio dalla dittatura del suo paese, si ritrova in Italia a continuare ad essere sotto il suo controllo.
Le relazioni amichevoli tra tali organismi umanitari e il governo dell’Eritrea determinano, come involontaria e forse inconsapevole conseguenza, il nuovo assoggettamento dei cittadini eritrei alla violenza del regime al quale hanno tentato di sfuggire.

La genericità nelle relazioni ufficiali di cooperazione e politiche tra Italia ed Eritrea è determinante di questa situazione:
i progetti di cooperazione di molti Consigli Regionali italiani, come quelli di Province e Comuni, di EE. LL., e di alcune ONG ancora presenti in Eritrea, sono necessari alla popolazione eritrea, ma sembrano non considerare le caratteristiche politiche del territorio cui si rivolgono;
non risulta che le relazioni politiche tra il Governo italiano e il dittatore eritreo Isayas Afwerki si fondino sull’esercizio della critica, né che vadano oltre gli auspici di sempre migliori rapporti stabili e collaborativi, compromessi da “orientamenti sempre più rigidi che ostacolano la tutela dei legittimi interessi dell'Italia”, in colloqui finalizzati a ridare all’Italia un “giusto ruolo di supporto allo sviluppo dei paesi africani storicamente a noi più vicini”;
non risulta alcuna azione politica del Governo italiano tendente alla condanna della grave situazione che continua a caratterizzare l’Eritrea e il suo popolo. A proposito dell’incontro tra il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il dittatore eritreo Isayas Afwerki, abbiamo anzi letto che “il presidente del Consiglio ha manifestato la disponibilità italiana a rilanciare le relazioni tra i due paesi”, e non diversamente è avvenuto nel più recente incontro tra il Ministro D’Alema e il nuovo Ministro degli Esteri eritreo.
Questo avviene senza che sia stata posta alcuna condizione, quella ad esempio del ristabilimento in Eritrea di un clima di civile convivenza e di rispetto dei diritti civili delle popolazioni, quando da parte di numerosi altri paesi viene sospesa la concessione dei visti di ingresso al personale diplomatico eritreo. E l’ambasciatore Gaetano Martinez Tagliavia, per quanto riguarda il ruolo del governo dell’Eritrea nel Corno d’Africa, ha dichiarato che tutti i governi stanno cominciando a capire il suo ruolo e che il governo dell’Italia loda e sostiene gli sforzi dell’Eritrea.

La situazione oggettiva che deriva da tali comportamenti determina l’instaurarsi di un circolo vizioso tale per cui:
i progetti di cooperazione proseguono con la soddisfazione di quanti li promuovono e di quanti ne sono destinatari;
le relazioni politiche tra i due paesi si cristallizzano nel silenzio delle valutazioni.

Gli Eritrei in Italia
Da questo stato di fatto discende implicitamente, per le rappresentanze diplomatiche e consolari eritree in Italia, l’autorizzazione a proseguire in maniera sempre più aggressiva il sistema poliziesco di controllo e di repressione nei confronti degli immigrati che si sostanzia in:
ricatti e intimidazioni dirette;
ricatti ed intimidazioni ai familiari che risiedono in Eritrea;
vessazioni economiche;
emarginazione nei confronti dei connazionali residenti in Italia;
aggressioni morali e fisiche.
Vittime di aggressioni morali e fisiche e oggetto di pedinamenti sono anche, e sempre più ripetutamente, anche quei cittadini italiani che manifestano la loro opposizione alla dittatura e il loro impegno per il rispetto dei diritti umani e per la transizione verso la democrazia in Eritrea.

La questione dei rifugiati eritrei e il riconoscimento all’asilo politico e umanitario
Un numero non indifferente di giovani eritrei, ragazze e ragazzi, per la maggior parte ex-soldati o giovani fuggiti dalla coscrizione obbligatoria, si trovano in Italia in questo momento. Sono giunti in Italia per vie che solo la disperazione può fare sopportare. Loro si ritengono fortunati perché a differenza di quelli che hanno lasciato dietro, sperano di trovare accoglienza e protezione in Italia.
Molti eritrei sono morti in mare, nel deserto, nelle carceri libiche, tunisine, spesso vittime di accordi euro-mediterranei.
Europa e Italia si sono rese complici delle violazioni dei diritti umani, civili, religiosi di cui sono vittime i profughi che vengono respinti. Negli ultimi anni l’atteggiamento di insensibilità dell’Italia verso il dramma dei profughi eritrei e richiedenti asilo politico, continuano a suscitare un forte sentimento di malcontento verso le Istituzioni da parte di quest’ultimi. In questi giorni circa 500 giovani eritrei, tra cui alcune donne con figli, si trovano rinchiusi nelle carceri libiche. Essi rischiano di essere rimandati al paese di origine, con le ben note nefaste conseguenze.
I rifugiati e i richiedenti asilo politico provenienti dal Corno d’Africa vivono in Italia una condizione di vita priva di alcun diritto e di ogni tutela legislativa: da anni si attende una legge organica sul diritto d’asilo in Italia.
Il sistema di accoglienza dei rifugiati, e non solo eritrei, è pressoché fallimentare, e le possibilità d’integrazione vicinissime allo zero. I tempi per ottenere un documento, per rinnovare il permesso di soggiorno o per il documento di viaggio spesso sono talmente lunghi che paralizzano le possibilità di progettare il futuro.
Non esiste in Italia alcuna parità di diritti/doveri dei rifugiati con gli altri cittadini. Essi sono pressoché abbandonati dallo Stato, oltre che vittime di svariate forme di discriminazione, già nei centri d’accoglienza dove vengono lesi i diritti alla privacy, alla libertà, alla salute, all’informazione. Ai richiedenti asilo politico non viene garantita alcuna sicurezza.

Riteniamo che sia doveroso, da parte italiana, riconoscere il diritto all’asilo:
- umanitario a chi proviene dall’Eritrea da profugo e si trovi in condizione di rifugiato.
- politico a chi, proveniente dall’Eritrea,
o sia renitente, o in attesa di adempiere al servizio militare, o ad esso sfuggito
o sia giornalista
o professi una religione bandita o perseguitata
o si dichiari appartenente all’opposizione o perseguitato dal regime.

E’, d’altro canto, molto significativa la dichiarazione fatta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il giorno 20 giugno in occasione della “Giornata Mondiale del Rifugiato”: “Guardo con favore al fatto che finalmente il Parlamento italiano rimetta in moto il processo di riforma del diritto di asilo in Italia e constato con particolare soddisfazione che uno dei progetti in discussione è a firma dei rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione”.

Conoscenze da aggiornare
Riteniamo che questo stato delle relazioni Italia-Eritrea discenda da una non aggiornata conoscenza, da parte italiana, della involuzione civile e politica in atto dal 1998 in Eritrea.
Gli stessi documenti che a proposito di Eritrea vengono espressi dall’Unione Europea risentono di una simile situazione. Tant’è che la recente Risoluzione del 10 maggio 2007 auspica lo viluppo delle relazioni tra Unione Europea e Eritrea su accordi economici e di partenariato.

Ci interroghiamo su quali azioni il Governo italiano, impegnato positivamente a livello internazionale nella ricerca di pace e sviluppo per i popoli, intenda attuare per dare giusta voce alle forze di opposizione eritree e a chi da tempo denuncia le ripetute violazioni dei più elementari diritti civili.


Il Presidente dell’AHCS



Roma 03 luglio 2007 Mussie Zerai Yosief








Il Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea

di cui fanno parte:
A.H.S.C., Agenzia Habeshia per lo Sviluppo e la Cooperazione, Roma (agenzia_habeshia@yahoo.it) http://hanibal.blogspot.com - A.I.E.I., Associazione Immigrati Eritrei in Italia, Milano (assoeritrea@libero.it) - ARCI Corvetto, Associazione Nazionale di promozione sociale, Milano (scovazzi@arci.it) – ASPER, Associazione per la tutela dei diritti umani del Popolo Eritreo, Napoli (asper@tim.it) - MOSSOB, Comitato Italiano per un’Eritrea democratica, Milano (mossob2004@tiscali.it) - P.D.E., Ass. per il Partito Democratico Eritreo in Italia, organizz. pol. dell’opposizione eritrea in diaspora, Milano (partitode.italia@gmail.com).

Lettera Consegnata On. Sentinelli


Sottosegretario agli Affari Esteri
On.le Patrizia Sentinelli


Roma, 26 giugno 2007


ERITREA – DIRITTI UMANI
Promemoria

Violazione dei diritti umani in Eritrea

Eritrea e Corno d’Africa
La situazione politica del Corno d’Africa è strettamente connessa con la vicenda della dittatura eritrea.
L’Eritrea ricopre un ruolo importante nel Corno d’Africa, e per la centralità della sua posizione geografica, e per il ruolo che essa vi svolge nelle relazioni con i paesi limitrofi, e con quelli ad essi correlati, non ultimo l’Iran, cui recenti accordi garantiscono appoggio da parte eritrea a proposito di nucleare in cambio di sostegno commerciale. In particolare:
con lo Yemen sono aperte da anni latenti controversie sullo spazio marittimo e sul controllo di alcune isole del mar Rosso;
in Somalia è rilevante l’appoggio dato alle Islamic Courts nel recente e attuale conflitto, anche con forniture militari avvenute in violazione dell’embargo;
Asmara è stata sede delle recentissime trattative tra le parti del conflitto interno sudanese;
con l’Etiopia non si è sopita, dopo gli accordi di pace conseguenti alla guerra 1998-200, la conflittualità, ancora combattuta by proxy in Somalia, a proposito delle questioni confinarie intorno alla zona di Badme. La responsabilità della mancata risoluzione di tali questioni viene attribuita, oltre che all’Etiopia, alla mancanza di impegno da parte del consesso internazionale.

L’Eritrea, in tempi assai recenti, rischiato delle infiltrazioni nel suo territorio nazionale movimenti del terrorismo internazionale, testimonia dell’atteggiamento della dittatura al potere in quel paese nei confronti della pace e dei diritti umani. Disprezzo che si manifesta anche con l’espulsione dal suo territorio delle organizzazioni umanitarie, italiane e internazionali, che per anni vi sono state attive.

Il ruolo dell’Eritrea nel Corno d’Africa è rilevante, e non si può pensare a un percorso di pace e di democrazia in quell’area senza il suo contributo.
Perché tale percorso possa realizzarsi è necessario che l’Eritrea, come l’Etiopia, sospenda il suo comportamento destabilizzante; è necessario cioè che la dittatura abbia fine e che il popolo eritreo possa riprendere il percorso di pace, di stabilità democratica, e di benessere sociale, in nome del quale ha combattuto per oltre un trentennio.

Attività imprenditoriali estere in Eritrea sostengono la dittatura, e hanno arricchito le finanze private del dittatore. Ad attività illecite e violente l’Italia ha contribuito con la tacita approvazione del suo Governo.

Diritti umani in Eritrea
In Eritrea vige una dittatura tra le peggiori al mondo. Le violente politiche repressive e antidemocratiche attuate dal governo eritreo colpiscono soprattutto la popolazione in un paese ormai ridotto al terrore, in cui la sola presunzione di un’idea costa l’imprigionamento, la tortura, la mutilazione o la morte, in cui vengono violati sistematicamente i diritti umani e civili, in cui la popolazione è continuamente vessata per ogni rispetto. La situazione eritrea è ampiamente documentata dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, di Reporters sans Frontieres, delle Nazioni Unite, della stessa Unione Europea, oltre che dai partiti dell’opposizione in diaspora e dalle organizzazioni come Mossob, Asper, Agenzia Habeshia, Eritrean Democrats, Eritrean Civic Societies, ecc., firmatarie di questo documento.

Nel 2001 in Eritrea sono stati incarcerati incommunicado, senza capi di imputazione e quindi senza processo, undici ministri: chiedevano che fosse approvata in Parlamento la costituzione già da tempo elaborata. Nulla si sa della loro sorte, nonostante le ripetute e inascoltate richieste di Amnesty International e delle Nazioni Unite.
Migliaia di prigionieri sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, in condizioni di aperta violazione di ogni regola internazionale, impediti alle visite della Croce Rossa Internazionale e alla comunicazione con i familiari.
E’ vietata la costituzione di organismi politici di opposizione, e i partiti dell’opposizione operanti nella diaspora sono oggetto di continue minacce e aggressioni.
Chiusa l’Università di Asmara e molti dei suoi studenti e insegnanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Altri sono stati vittime di mortali incidenti.
Chiusi sono i giornali non governativi e molti giornalisti sono detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione; non è ammessa la presenza di giornalisti esteri: l’ultimo di essi, corrispondente della BBC, è stato espulso dal paese nel 2003. Non vengono rilasciati visti d’ingresso a giornalisti stranieri.
Viene regolarmente praticata la tortura e la mutilazione nei posti di polizia, nelle prigioni, nei luoghi dell’addestramento militare.
Vengono lesi i diritti consuetudinari sulla proprietà del terreni agricoli di alcune minoranze etniche.
E’ vietata la libertà di culto alle confessioni religiose minoritarie, i cui rappresentanti sono detenuti incommunicado e senza capi di imputazione. Le principali confessioni religiose sono sottoposte a stretta vigilanza poliziesca, ed i loro dirigenti arbitrariamente rimossi dal governo, detenuti, incommunicado e senza capi di imputazione, e sostituiti con altri di migliore gradimento. E’, ad esempio, il caso del Patriarca Ortodosso Antonios che è stato rimosso dalla sua posizione dal Sinodo controllato dal governato il 13 gennaio 2006 per aver criticato le ingerenze governative nelle attività della Chiesa. Antonios, che allora era stato posto agli arresti domiciliari, è stato recentemente trasferito ad una destinazione detentiva ignota. Secondo il rapporto di Amnesty International Antonios si trova in stato di detenzione incommunicado, e privo dell’adeguata assistenza medica di cui necessita. Si svolgerà a Londra il 27 giugno prossimo, a St. Mary’s-on-Paddington-Green, una manifestazione a sostegno di Abuna Antonios e di tutti i cristiani attualmente imprigionati in Eritrea a causa della loro fede religiosa. Ad essa interverranno il Metropolita Seraphim, il Vescovo Angaelos, Dr. Gerald Gotzen (Globe Trotting), Dr. Martin Hill (Amnesty International), Elizabeth Chyrum (Human Rights Concern - Eritrea).
Migliaia di Cristiani Ortodossi, più di 2.000 Cristiani Evangelici, Musulmani e altri gruppi religiosi vengono perseguitati, e imprigionati senza formalizzazione di atti di accusa e senza processo, in condizioni disumane.

La relazione, ufficiale e no, tra Italia ed Eritrea
In tempi recenti le relazioni tra Italia ed Eritrea non sono state solo quelle dei tentativi di instaurare accordi politici, culturali e commerciali, né quelle che hanno portato alle espulsioni dall’Eritrea di gran parte delle ONG italiane, dei Carabinieri inquadrati nella missione UNMEE, o dell’Ambasciatore Antonio Bandini nel 2001 e del Segretario d’Ambasciata Ludovico Serra nel 2006, seguite, per reciprocità, dalle espulsioni dei loro omologhi eritrei dall’Italia.

Dal 2000 sono innumerevoli gli sbarchi clandestini di cittadini eritrei sulle coste italiane. Essi fuggono, a rischio della vita, da una situazione di repressione umana e politica, e dal blocco delle attività produttive sacrificate alla totale militarizzazione del paese.
La coscrizione in Eritrea è obbligatoria ed a tempo indeterminato. Gli studenti delle scuole superiori sono costretti a frequentare l’ultimo anno scolastico presso i campi di addestramento militare. Il servizio di leva militare si svolge in condizioni di estremo disagio e di inaudita violenza, soprattutto nei confronti delle giovani reclute femminili, spesso oggetto di stupro da parte dei superiori in grado. Gli obiettori di coscienza e i renitenti alla leva vengono rastrellati nei villaggi, nelle città, e nelle case, sottoposti alla tortura e a condizioni di reclusione disumane all’interno di container metallici esposti alle calure della depressione dankala. Nel caso in cui si riesca da parte di qualcuno a eludere il reclutamento forzato, sono allora le famiglie ad essere perseguitate.

Per sfuggire a tale stato di cose migliaia di giovani e meno giovani eritrei sono costretti alla fuga dal loro paese e a tentare le vie di migrazione possibili: la più consistente tra queste, com’è noto, è l’Italia.

Una volta in Italia gli eritrei che riescono a sopravvivere all’attraversamento a piedi del deserto e alla traversata del mar Mediterraneo entrano in buona parte in contatto con organismi umanitari e di accoglienza che generosamente si adoperano per affrontare i problemi delle prime urgenze.
Tali organismi sono di fatto in relazione di “cooperazione umanitaria” con l’ambasciata eritrea in Italia, e con gli uffici consolari che gestiscono, in territorio italiano, il servizio di intelligence che ha l’obiettivo di sorvegliare l’operato dei loro connazionali immigrati, legalmente e illegalmente, in Italia. E’ per questa via che chi cerca rifugio dalla dittatura del suo paese, si ritrova in Italia a continuare ad essere sotto il suo controllo.
Le relazioni amichevoli tra tali organismi umanitari e il governo dell’Eritrea determinano, come involontaria e forse inconsapevole conseguenza, il nuovo assoggettamento dei cittadini eritrei alla violenza del regime al quale hanno tentato di sfuggire.

La genericità nelle relazioni ufficiali di cooperazione e politiche tra Italia ed Eritrea è determinante di questa situazione:
i progetti di cooperazione di molti Consigli Regionali italiani, come quelli di Province e Comuni, di EE. LL., e di alcune ONG ancora presenti in Eritrea, sono necessari alla popolazione eritrea, ma sembrano non considerare le caratteristiche politiche del territorio cui si rivolgono;
non risulta che le relazioni politiche tra il Governo italiano e il dittatore eritreo Isayas Afwerki si fondino sull’esercizio della critica, né che vadano oltre gli auspici di sempre migliori rapporti stabili e collaborativi, compromessi da “orientamenti sempre più rigidi che ostacolano la tutela dei legittimi interessi dell'Italia”, in colloqui finalizzati a ridare all’Italia un “giusto ruolo di supporto allo sviluppo dei paesi africani storicamente a noi più vicini”;
non risulta alcuna azione politica del Governo italiano tendente alla condanna della grave situazione che continua a caratterizzare l’Eritrea e il suo popolo. A proposito dell’incontro tra il Presidente del Consiglio Romano Prodi e il dittatore eritreo Isayas Afwerki, abbiamo anzi letto che “il presidente del Consiglio ha manifestato la disponibilità italiana a rilanciare le relazioni tra i due paesi”, e non diversamente è avvenuto nel più recente incontro tra il Ministro D’Alema e il nuovo Ministro degli Esteri eritreo.
Questo avviene senza che sia stata posta alcuna condizione, quella ad esempio del ristabilimento in Eritrea di un clima di civile convivenza e di rispetto dei diritti civili delle popolazioni, quando da parte di numerosi altri paesi viene sospesa la concessione dei visti di ingresso al personale diplomatico eritreo. E l’ambasciatore Gaetano Martinez Tagliavia, per quanto riguarda il ruolo del governo dell’Eritrea nel Corno d’Africa, ha dichiarato che tutti i governi stanno cominciando a capire il suo ruolo e che il governo dell’Italia loda e sostiene gli sforzi dell’Eritrea.

La situazione oggettiva che deriva da tali comportamenti determina l’instaurarsi di un circolo vizioso tale per cui:
i progetti di cooperazione proseguono con la soddisfazione di quanti li promuovono e di quanti ne sono destinatari;
le relazioni politiche tra i due paesi si cristallizzano nel silenzio delle valutazioni.

Gli Eritrei in Italia
Da questo stato di fatto discende implicitamente, per le rappresentanze diplomatiche e consolari eritree in Italia, l’autorizzazione a proseguire in maniera sempre più aggressiva il sistema poliziesco di controllo e di repressione nei confronti degli immigrati che si sostanzia in:
ricatti e intimidazioni dirette;
ricatti ed intimidazioni ai familiari che risiedono in Eritrea;
vessazioni economiche;
emarginazione nei confronti dei connazionali residenti in Italia;
aggressioni morali e fisiche.
Vittime di aggressioni morali e fisiche e oggetto di pedinamenti sono anche, e sempre più ripetutamente, anche quei cittadini italiani che manifestano la loro opposizione alla dittatura e il loro impegno per il rispetto dei diritti umani e per la transizione verso la democrazia in Eritrea.

La questione dei rifugiati eritrei e il riconoscimento all’asilo politico e umanitario
Un numero non indifferente di giovani eritrei, ragazze e ragazzi, per la maggior parte ex-soldati o giovani fuggiti dalla coscrizione obbligatoria, si trovano in Italia in questo momento. Sono giunti in Italia per vie che solo la disperazione può fare sopportare. Loro si ritengono fortunati perché a differenza di quelli che hanno lasciato dietro, sperano di trovare accoglienza e protezione in Italia.
Molti eritrei sono morti in mare, nel deserto, nelle carceri libiche, tunisine, spesso vittime di accordi euro-mediterranei.
Europa e Italia si sono rese complici delle violazioni dei diritti umani, civili, religiosi di cui sono vittime i profughi che vengono respinti. Negli ultimi anni l’atteggiamento di insensibilità dell’Italia verso il dramma dei profughi eritrei e richiedenti asilo politico continua a suscitare un forte sentimento di malcontento verso le Istituzioni da parte di quest’ultimi. In questi giorni circa 500 giovani eritrei, tra cui alcune donne con figli, si trovano rinchiusi nelle carceri libiche. Essi rischiano di essere rimandati al paese di origine, con le ben note nefaste conseguenze.
I rifugiati e i richiedenti asilo politico provenienti dal Corno d’Africa vivono in Italia una condizione di vita priva di alcun diritto e di ogni tutela legislativa: da anni si attende una legge organica sul diritto d’asilo in Italia.
Il sistema di accoglienza dei rifugiati, e non solo eritrei, è pressoché fallimentare, e le possibilità d’integrazione vicinissime allo zero. I tempi per ottenere un documento, per rinnovare il permesso di soggiorno o per il documento di viaggio spesso sono talmente lunghi che paralizzano le possibilità di progettare il futuro.
Non esiste in Italia alcuna parità di diritti/doveri dei rifugiati con gli altri cittadini. Essi sono pressoché abbandonati dallo Stato, oltre che vittime di svariate forme di discriminazione, già nei centri d’accoglienza dove vengono lesi i diritti alla privacy, alla libertà, alla salute, all’informazione. Ai richiedenti asilo politico non viene garantita alcuna sicurezza.

Riteniamo che sia doveroso, da parte italiana, riconoscere il diritto all’asilo:
- umanitario a chi proviene dall’Eritrea da profugo e si trovi in condizione di rifugiato.
- politico a chi, proveniente dall’Eritrea,
o sia renitente, o in attesa di adempiere al servizio militare, o ad esso sfuggito
o sia giornalista
o professi una religione bandita o perseguitata
o si dichiari appartenente all’opposizione o perseguitato dal regime.

E’, d’altro canto, molto significativa la dichiarazione fatta dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il giorno 20 giugno in occasione della “Giornata Mondiale del Rifugiato”: “Guardo con favore al fatto che finalmente il Parlamento italiano rimetta in moto il processo di riforma del diritto di asilo in Italia e constato con particolare soddisfazione che uno dei progetti in discussione è a firma dei rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione”.

Conoscenze da aggiornare
Riteniamo che questo stato delle relazioni Italia-Eritrea discenda da una non aggiornata conoscenza, da parte italiana, della involuzione civile e politica in atto dal 1998 in Eritrea.
Gli stessi documenti che a proposito di Eritrea vengono espressi dall’Unione Europea risentono di una simile situazione. Tant’è che la recente Risoluzione del 10 maggio 2007 auspica lo viluppo delle relazioni tra Unione Europea e Eritrea su accordi economici e di partenariato.

Ci interroghiamo su quali azioni il Governo italiano, impegnato positivamente a livello internazionale nella ricerca di pace e sviluppo per i popoli, intenda attuare per dare giusta voce alle forze di opposizione eritree e a chi da tempo denuncia le ripetute violazioni dei più elementari diritti civili.


Il Presidente dell’AHCS


Mussie Zerai Yosief




Il Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea

di cui fanno parte:
A.H.S.C., Agenzia Habeshia per lo Sviluppo e la Cooperazione, Roma (agenzia_habeshia@yahoo.it) http://habeshia.blogspot.com - A.I.E.I., Associazione Immigrati Eritrei in Italia, Milano (assoeritrea@libero.it) - ARCI Corvetto, Associazione Nazionale di promozione sociale, Milano (scovazzi@arci.it) – ASPER, Associazione per la tutela dei diritti umani del Popolo Eritreo, Napoli (asper@tim.it) - MOSSOB, Comitato Italiano per un’Eritrea democratica, Milano (mossob2004@tiscali.it) - P.D.E., Ass. per il Partito Democratico Eritreo in Italia, organizz. pol. dell’opposizione eritrea in diaspora, Milano (partitode.italia@gmail.com).

Comunicato Stampa 28 giugno 2007

COMUNICATO STAMPA

Udienza Sentinelli – Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea.

Roma, Min. Esteri, 26 giugno 2007 – La Viceministra degli Affari Esteri Patrizia Sentinelli ha ricevuto in udienza formale i rappresentanti del Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea. All’incontro era presente anche il sen. Francesco Martone.
Argomenti sottoposti all’attenzione dell’on.le Sentinelli sono stati la violazione dei diritti umani, sociali e politici ad opera del devastante regime dittatoriale di Isayas Afwerki, e la necessità di un sempre maggiore impegno politico ed umanitario a sostegno dei bisogni delle popolazioni e dei profughi eritrei. La cooperazione umanitaria italiana, che non risulta essere stata fino ad ora interamente censita, dovrà essere certa di raggiungere le fasce bisognose della popolazione. In alcuni casi lavori finanziati dalla cooperazione sono stati eseguiti da militari o, come lavori forzati, da detenuti che non hanno percepito alcun compenso.
L’on.le Sentinelli, condividendo le posizioni del Coordinamento, ha ribadito la ferma posizione critica del Governo italiano nei confronti di quella dittatura, e il Sen. Francesco Martone ha assicurato il suo impegno perchè venga sottoposta ad interrogazione parlamentare la questione del mancato riconoscimento dello status di rifugiati da parte dello Stato italiano e dell'asilo politico per i profughi eritrei in Italia.
Le parti hanno anche concordato sull’urgenza che la Croce Rossa Internazionale debba potersi accertare delle condizioni di salute dei ministri, dei politici, dei giornalisti, dei religiosi e di ogni altro detenuto incommunicado.
Rimane primaria l’esigenza della pronta applicazione del trattato di pace tra Eritrea ed Etiopia perché i due paesi trovino nella pace la via dello sviluppo. La militarizzazione dell’Eritrea (3.500.000 abitanti) è una delle ragioni principali di fuga di migliaia di giovani verso il Sahara e le coste del Mediterraneo.
Nel corso dell’incontro si è anche osservato che in Italia le informazioni sull’Eritrea sono piuttosto scarse, ragione questa per cui poco si sa, anche a livello istituzionale, dell’efferatezza del regime dittatoriale eritreo.

Fanno parte del Coordinamento Italiano per la Pace, la Democrazia e i Diritti Umani in Eritrea:
A.H.S.C. Agenzia Habeshia per lo Sviluppo e la Cooperazione (Roma)
A.I.E.I. Associazione Immigrati Eritrei in Italia (Milano)
ARCI Corvetto Associazione Nazionale di promozione sociale (Milano)
ASPER Associazione per la tutela dei diritti umani del Popolo Eritreo (Napoli)
Mossob Comitato Italiano per un’Eritrea democratica (Milano)
e il
P.D.E. Associazione per il Partito Democratico Eritreo in Italia,
organizzazione politica dell’opposizione eritrea in diaspora.

Lettera all'Ambasciatore Eritreo

All’Ambasciata dello
stato di Eritrea
Via Boncompagni, 16/6
00187 Roma


e.c.p Sua Eminenza
Card. Tarcizio Bertone
Segretario di stato Vaticano
00120 Città del Vaticano

On. Patrizia Sentinelli
Sottosegretaria di stato
Ministero degli Affari Esteri
Piazzale della Farnesina, 1
00194 Roma

Dott. Achille Sera
Prefetto di Roma
Via IV Novembre, 119/a
00100 Roma



Il sottoscritto Mussie Zerai Yosief nato ad Asmara il 26.02.1975 residente a Roma in quanto studente seminarista della Congregazione dei Missionari Scalabriniani, titolare del passaporto n° 0093074 rilasciato dall’Autorità di governo dello stato di Eritrea in data 08/04/2000, rinnovato in data 10/07/2002 con scadenza al 06/04/2007, inseguito alla richiesta di rinnovo del su detto passaporto presentata in data 03/07/2007, chiedo di essere informato circa l’esito della stessa, non che circa l’andamento della pratica volta al rinnovo, se vi siano ostacoli al suo positivo epilogo.

Il sottoscritto fa presente che in quanto studente seminarista della Congregazione dei Missionari Scalabriniani, non produce alcun reddito, come del resto a voi noto vita la dichiarazione datata 25/06/2007 fatta dal Vice Superiore della Regione G. B Padre Cavazzini Ennio, presentata unitamente al passaporto in data 03/07/2007 dal sottoscritto presso codesto ambasciata.

Il sottoscritto non producendo alcun reddito, chiede l’esenzione dal pagamento di 2% dello stipendio di ogni lavoratore eritreo residenti in Italia, più le varie contributi richieste dallo stato Eritreo per la difesa dei confini, per i figli dei caduti in guerra, per il sostegno dei invalidi di guerra, sono contributi obbligatori per tutti cittadini eritrei residenti all’estero, fatta eccezione per alcune categorie, gli studenti e i religiosi. L’esenzione da queste tasse e contributi, mi fu concessa nel 2002 precedente rinnovo del mio passaporto, in quanto studente seminarista, dato che non ce nessun cambiamento sul mio stato civile, come lo dimostra la su detta dichiarazione del Vice Superiore della Regione G. B. della Congregazione dei Missionari Scalabriniani.

In caso di esito negativo si chiede la restituzione del su detto passaporto al sottoscritto che ne è il titolare.



Distinti saluti



Roma 06 luglio 2007
Mussie Zerai Yosief

Presentazione A.H.C.S

Presentazione AHCS

L'Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo (AHCS) è stata istituita ufficialmente il 31.03.2006 ma operativa dal 2004, con l'obiettivo di svolgere attività di volontariato esclusivamente per fini di solidarietà in favore di richiedenti asilo, rifugiati, beneficiari di protezione umanitaria presenti in Italia, senza scopo di lucro e di remunerazione, ex L.11 agosto 1991, n. 266.
L'Agenzia realizza iniziative sociali, culturali, ed educative volte a favorire l’integrazione degli immigrati sul territorio nazionale, e attività di sostegno a progetti di rientro nel paese di origine. L'organizzazione inoltre, assicura ai migranti, ai profughi e ai rifugiati assistenza amministrativa, legale, di formazione specialistica e servizi in sintonia con lo scopo associativo. L'Agenzia ha altresì lo scopo di sviluppare e partecipare ad attività di solidarietà, di lotta contro il razzismo, le discriminazioni e l’emarginazione sociale, a salvaguardia dei principi fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali, in particolare la Convenzione europea per i diritti umani e la salvaguardia delle libertà fondamentali.

Attività Svolte :

* Un centro di ascolto:- Interventi di aiuto concreto a chi si trova nel bisogno, con pacchi viveri, vestiario, medicinali, informazioni, orientamento, consulenze per i gruppi di immigrati del Corno d’Africa che vogliono organizzarsi in associazioni Es. Associazione Selam, Associazione Hadinet Eritrawyan nati con l’aiuto nostro, questo per renderli protagonisti loro stessi dei loro diritti e doveri nella società che gli ospita.
* Conferenze sul tema diritti umani, a Roma, Napoli, Caserta 2005 - 2006
* Conferenze sul tema diritto d’asilo in collaborazione con il CIR, 06.05.2005
* Conferenza Eritrea: Pace, Democrazia, Diritti in collaborazione con la Provincia di Roma 23.06.2006
* Incontri istituzionali Ministero degli affari esteri 22.11.2005 tema diritti umani e la diplomazia, con l’ambasciatore Dott. Sanguini
* Audizione alla Commissione straordinaria per diritti umani del Senato il 20.12.2005
* Conferenze sul tema diritto internazionale, in collaborazione con il CIR, la Provincia di Roma e l’Università l’Orientale di Napoli, l’Università Roma Tre, La Sapienza
* Conferenze sul tema rimpatrio volontario e condizioni di vita dei richiedenti asilo politico in Italia nelle varie città Roma, Milano, Bari, Foggia, nel 2004 - 2005 in collaborazione con il CIR ( progetto comunità Europea).
* Conferenza a Bruxelles nella commissione del parlamento europeo in collaborazione con l’ECRE
* Mediazione culturale nei rapporti tra richiedenti asilo politico con le istituzioni, interventi su sistema di accoglienza, la nostra associazione partecipa al tavolo voluto dal consiglio regionale per la nuova legge regionale sull’immigrati, partecipa alle trattative in corso per trovare sistemazione dignitosa a gruppi di rifugiati con il Comune di Roma.
* Manifestazioni per chiedere il rispetto dei diritti dei richiedenti asilo politico, il diritto dei detenuti stranieri, per chiedere verità su morti in carcere, ottenendo un incontro con il Sottosegretario al Ministero di Giustizia.
* Interrogazioni parlamentari in collaborazione con alcuni parlamentari e senatori sul tema diritti umani e civili e i rapporti diplomatici tra Italia e i paesi di origine dei richiedenti asilo politico, sulla loro situazione in Italia, problemi burocratici legato al permesso di soggiorno, documento di viaggio.
* Incontro con il Sottosegretario al Ministero degli affari esteri, On. Patrizia Sentinelli, tema rapporti Italia – Eritrea, diritti umani, civili, e la cooperazione internazionale il 26.06.2007
* Conferenza con presentazione di un libro inchiesta “ Mamadou va a Morire” di Gabriele Del Grande, immigrazione clandestina, i tanti morti nel deserto e nel mare mediteranno, il muro innalzato dalla fortezza Europa, il 21.05.2007 a Campidoglio e il 27.06.2007 a Off!cine.
* Conferenza su morti in carcere, in collaborazione con la Fondazione Lelio Basso il 28.06.2007


Recapiti:

L’Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, A.H.C.S ha la sua sede legale a Roma in Via Casilina, 634

La sua sede operativa e in:
Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo (A.H.C.S)
Via Cornelia 44/a
00166 Roma
E-mail : agenzia_habeshia@yahoo.it
hattp://habeshia.blogspot.com
Cell. +39.3384424202

Cristiani in Carcere in Eritrea

Hello David Turner,
Thank you!
Mussie
"David Turner (National Co-ordinator)" ha scritto:
Hello Marco (and Mussie),

Good to hear that you were received well by Mrs. Sentinelli and I am pleased to hear of the concern of the Italian government.

Our group has had a concern for Eritrea for the past three years or so since I met Dr. Berhane Asmelash (Release Eritrea!) at a conference in London. We have been working closely with Dr. Khataza Gondwe (Christian Solidarity Worldwide) on the annual protest at the Embassy in London.

I will post you on a copy of the materials which we have produced on Eritrea for your interest.

Working together for freedom,

David

--
David Turner
National Co-ordinator
CHRISTIAN CONCERN FOR FREEDOM OF CONSCIENCE
PO Box 10447, Glenageary, Co. Dublin, IRELAND
Telephone: +353-1-282-5393
Website: http://www.ccfc.ie

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On 27/06/2007 11:23, "Marco Cavallarin" wrote:


Hello David,
thank you for the patience you had for my late answer.
Well, yesterday in Rome we met Mrs. Patrizia Sentinelli, which is the viceminister of the Italian Foreign Office. The meeting was centered on Human Rights in Eritrea, and it was very productive: the Italian Government has shown a deep concern, and Mrs. Sentinelli promised us a renewed engagement on this matter. We gave her also your document underlining its importance. Let's hope something useful happens.
I spoke of your mail also to my colleagues belonging to other Italian organizations engaged on human rights in Eritrea, and I suggest you to enter in touch with Mussie (which is reading us Cc), which is more engaged and better connected than me on religious aspects.
I hope that this mail exchange can produce something new and useful on the scenary on which we operate togheter.
Have all my best regards, and my deep whishes for a successfull future in the field of freedom and human respect.
marco
_______
G. Marco Cavallarin - Via G. Donizetti 53, 20122 Milano
tel.: (+39)02.45496029, port.: (+39)333.4620788
giovannimarco.cavallarin@fastwebnet.it
Per l' invio di materiali di grandi dimensioni: mcavallarin@gmail.com

----- Original Message -----
From: David Turner (National Co-ordinator)
To: giovannimarco.cavallarin@fastwebnet.it
Sent: Friday, June 22, 2007 2:23 PM
Subject: Christian prisoners in Eritrea

Hello Marco,

Greetings to you from Ireland.

Gerald Gotzen, our mutual friend, has given me your email address as he knows that I share a concern for the suffering of the people in Eritrea – particularly the Christians who are imprisoned in police stations, containers, military camps etc. Our group is an Irish Christian human rights charity which seeks to support the Persecuted Church around the world by prayer and action.

I am pleased to hear that you are having the opportunity to meet the Italian Foreign Minister on Tuesday and pray that it will be a useful meeting and that he will be able to use his influence to benefit the suffering people of Eritrea. I am sure that you will have many issues to raise with him but below are two reports detailing matters of current concern to us – which you may be able to use.

Regards,

David

Invito presentazione video

Da: Associazione Scrivi di Diritto - Scuola di Giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso
A: info@internazionaleleliobasso.it
Inviato: Lunedì 25 giugno 2007, 15:50:04
Oggetto: invito presentazione video


Cari amici,


vi invitiamo alla proiezione di un video sulla storia di Habteab Eyasu, morto lo scorso anno nel carcere di Civitavecchia. Sulla sua vicenda non è stata fatta ancora chiarezza, ecco perchè ci sembra giusto ricordare la sua storia.


La proiezione si terrà il 28 giugno 2007 alle ore 16.30 presso la sala conferenze della Fondazione Lelio Basso in via della dogana vecchia, 5 - Roma.


Saranno presenti l'autore del video, Federico Triulzi, il senatore Francesco Martone (PRC) che ha presentato un'interrogazione parlamentare sulla vicenda, Gabriele D'Autilia, Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Marco Carsetti, Asinitas Onlus, Moses Zerai, Scalabriniano.

Introduce: Alessandro Triulzi, responsabile del progetto sulle memorie migranti, Fondazione AAMOD.



Cordialmente,

Cecilia Cardito
(Ricercatrice della Fondazione Basso - Sezione Internazionale)

Per informazioni contattare:

Fondazione Basso - Sezione Internazionale
Tel 066877774



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Habteab Eyasu aveva 37 anni, era rifugiato in Italia da 3 anni. È stato trovato morto in cella di isolamento il 14 maggio 2006 nel carcere di Civitavecchia.

Habteab aveva combattuto per l’indipendenza dell’Eritrea ma, dopo lo scoppio della guerra con l’Etiopia e l’instaurazione del regime di Isaias Afewerki, come tanti suoi connazionali, ha deciso di scappare passando per il Sudan, poi per la Libia sino all’arrivo in Italia il 20 agosto 2003 con una delle tante imbarcazioni di fortuna che partono per mano di trafficanti. Giunto in Italia presenta richiesta di asilo politico. Più di un anno dopo ottiene lo status di rifugiato.
Tra l’aprile e il maggio 2006 parte per l’Inghilterra alla ricerca di un lavoro migliore, tornato in Italia viene trasferito nel Cpt di Isola Capo Rizzuto (Crotone) e successivamente nel carcere di Civitavecchia. Il 14 maggio muore, secondo le autorità del carcere, togliendosi la vita mediante impiccagione. I suoi familiari sono stati avvisati solo una settimana dopo il decesso, quando l’autopsia era già stata effettuata. Ci sono foto che mostrano il corpo di Habteab, i medici parlano di contusioni in tutto il corpo, le versioni dei secondini sono incongruenti anche rispetto alle modalità della presunta impiccagione. In una lettera mai spedita trovata tra le cose di Habteab egli si proclama estraneo alle accuse per le quali è stato incarcerato. Rimangono dubbi riguardo il suo rientro in Italia e la sua successiva incarcerazione. Habteab era accusato dalla Procura di Crotone - sulla base di alcune intercettazioni telefoniche - di associazione a delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e riduzione in schiavitù. Il suo arresto è avvenuto all’aeroporto di Fiumicino, ma ancora non è chiaro se sia stato arrestato in Inghilterra su mandato europeo o se dall’Inghilterra sia stato espulso e poi identificato alla frontiera italiana. Durante l’interrogatorio a Civitavecchia, Habteab non ha avuto la possibilità di parlare nella sua lingua, il tigrino. L’interprete era di nazionalità etiope e i due comunicavano in inglese, una lingua che Habteab conosceva poco bene. Habteab si era comunque dichiarato innocente nel merito delle accuse, sebbene ammettesse di conoscere gran parte delle persone della presunta associazione su cui indagava Crotone.
Il caso ha posto molti interrogativi riguardo la morte di Habteab e i motivi del suo arresto, tutto questo inoltre induce a una riflessione sulle condizioni di vita nel carcere di Civitavecchia, non nuovo a episodi del genere, e sul bisogno in Italia di una legge in materia d’asilo politico.



Nel maggio 2007 è stata approvata dalla Regione Lazio una legge che prevede il passaggio di competenze in materia di sanità dall'amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale. Sino ad oggi la competenza nell’ambito della salute è stata di esclusiva pertinenza del Ministero della Giustizia. La legge 230 del 1999 prevedeva il passaggio di competenze della medicina penitenziaria dall’amministrazione penitenziaria alle Asl. Il passaggio era finora avvenuto solo per le tossicodipendenze. Ora, a seguito di protocolli di intesa, verrà assicurata l’integrazione dei servizi. La salute della popolazione detenuta, nel rispetto del principio della universalità delle prestazioni, sarà anche di competenza del Servizio Sanitario Nazionale che dovrà attrezzarsi a riguardo assicurando la prevenzione, la cura, la diagnosi, la terapia. In particolare dovrà essere prestata attenzione ai nuovi giunti, i quali sono maggiormente a rischio suicidario.

Giornata Mondiale dei Rifugiati 20giu2007

Gentili/e Sig.re e Signori

Noi richiedenti asilo politico, rifugiati, provenienti dal Corno D'Africa, viviamo questa ricorenza con molta tristezza e angoscia, perché la nostra condizione di vita in Italia siamo persone senza nessun diritto, non ce una legge che ci tuttela. Sono anni che attendiamo una legge organica su diritto d'asilo in Italia non viene mai fatta, un sistema di accoglienza presso che fallimentare, integrazione presso che zero.
Siamo incondizione di persone disperate, perché i tempi per ottenere un documento o rinovare il permesso di soggiorno e il documento di viaggio speso sono talmente lunghi che paralizano lenostre possibilita di progetare un futturo, un'attivita in proprio, anche farci assumere da un datore di lavoro diventa impossibile.
In un paese come l'Italia ce un ministero per le pari opportunita, ma per noi non ce nessuna parità con un cittadino Italiano, abbiamo uguali doveri ma non uguali diritti. Ci sentiamo vittime di svariate forme di discriminazioni anche allivello istituzionale oggi un rifugiato in Italia pressoche abbandonato dallo stato. Chiediamo una legge organica su diritto di asilo che tuttela e garantisca un'accoglienza dignitosa che non lede il diritto alla PRIVACY e LIBERTA', oggi i centri d'accoglienza non rispettano questi diritti fondamentali della persona, va garantita una SICUREZZA al richiedente asilo politico, oggi inesistente.
Va garantità il diritto alla salute, all'informazione quindi servono mediatori culturali nelle Questure, nei ospedali, nei carceri spesso non ci sono.
Siamo tristi in questa giornata penssando a tanti dei nostri connazionali che sono morti in mare, nel deserto, nei carceri Libici, Marocco, Tunizia, spesso anche vittime di accordi euromediterranio, l'Europa e l'Italia sono complici di tutte le violazioni dei diritti umani, civili, religiosi di cui sono vittime i profughi, che vengono respinti nel Mediterranio, in fatti abbiamo circa 500 solo eritrei nei carceri libici che rischiano di essere espulsi nel paese di origine, con conseguenze nefaste visto i precedenti.
L'Europa sta costruendo un muro anticlandestini nel Mediteranio, esternlizando i suoi confini nell'altra sponda del Mediterranio, però non si interessa di ciò che aviene dietro questo muro, la dignità delle persone viene calpestata, violate le piu elementari diritti della persona, quanti vengono abbandonati nel deserto o lasciati morire nel mare, l'europa non puo fare finità di non vedere cosi come l'Italia non puo non vedere quello che succede in Libia ai nostri connazionali, se questa giornata ha senso deve servire per denunciare al mondo tutto questo.
20.06.2007 Giornata Mondiale dei Rifugiati.

Presidente dell'AHCS
Mussie Zerai Yosief
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://habeshia.blogspot.com

On Tana De Zulueta

On. Tana de Zulueta,
Vogliamo ringraziarla per il suo interessamento, sulla situazione degli eritrei, abbiamo apreso dell'introgazione parlamentare che lei ha fatto, su eritrei salvati dalla Marina Militare Italiana, dopo tre giorni in mare agrapati ad una rete di pescatori di tonno. Noi abbiamo già avuto vari morti nel mare mediterranio, chiediamo in fatti un'audizione per parlare di tutta la situazione attuale dell'Eritrea, le violazioni dei diritti umani, civili, religiosi, la non liberta di espressine, di movimento una dittatura come quella della Corea di Kim.
Chiediamo a Lei di aiutarci ad ottenere la possibilità di essere ascolatati dalla commissione esteri della Camera.
Io le scrivo a nome di tutte le associazioni Eritree in Italia, vogliamo che il parlamento si renda conto della situazione di grave crisi politica, economica, istituzionale versa oggi l'Eritrea.
Per eventuali informazioni mio recapito :
Mussie Zerai Yosief
Presidente dell'AHCS
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://habeshia.blogspot.com

Mondo Acolori Rai

Cari Amici,
Vi informiamo che mercoledì 20 giugno ’07, in coincidenza con la giornata Internazionale dedicata ai Profughi, alle ore 09.40 , sulla rete televisiva RAI 2, verrà trasmesso un documentario sulla situazione dei profughi a Calais, in Francia. Il documentario sarà visibile anche sul sito: http://www.mondoacolori.rai.it/.
Un cordiale saluto.
CCDEI




Coordinamento Democratici Eritrei in Italia
Coordination Committee Eritrean Democrats in Italy
(CCDEI)

Fortress Europe Comunicato Stampa

COMUNICATO STAMPA



L’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione clandestina

FORTRESS EUROPE e INFINITO EDIZIONI


presentano



IL RAPPORTO DI MAGGIO 2007 SULLE VITTIME DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA



135 MORTI NEL SOLO MESE DI MAGGIO, 8.995 CERTI DAL 1988


Roma, 4 giugno 2007. Gabriele del Grande, autore per Infinito edizioni del libro “Mamadou va a morire. La strage dei clandestini nel Mediterraneo” (maggio 2007, euro 14.00) ha pubblicato oggi il rapporto mensile del suo Fortress Europe, l’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione clandestina.



I dati principali del rapporto:



- 135 morti nel mese di maggio 2007, di cui 111 soltanto nel Canale di Sicilia; 8.995 le vittime dal 1988.



- Dimezzano gli sbarchi a Lampedusa. Pronta a partire, a fine luglio, l'operazione Nautilus II di Frontex, per pattugliare le rotte tra la Libia e l'Italia. Ma dalla Libia arrivano brutte notizie.



- Fonti ufficiali confermano: 400 richiedenti asilo eritrei ed etiopi intercettati in mare dalla Guardia costiera libica a dicembre sono ancora detenuti nel carcere di Misratah, a 200 chilometri da Tripoli, in Libia. Tra loro 50 donne e 7 bambini piccoli. Rischiano la deportazione. Lo stesso potrebbe accadere ai migranti che saranno respinti da Frontex quest’estate.



- In Spagna invece crollano gli sbarchi: meno 67% alle Canarie nei primi 4 mesi del 2007, e meno 47% nello Stretto di Gibilterra. A maggio annegano in 24 lungo le rotte spagnole. Decine di dispersi in Senegal. E intanto Madrid costruisce un nuovo cpt ad Almeria e invia un aereo a Capo Verde e uno in Mauritania, dove sono ancora detenuti, da più di 100 giorni, 23 dei 300 passeggeri di una nave fermata a febbraio.



Queste e altre novità sono disponibili sul sito di Fortress Europe, recentemente aggiornato, all’indirizzo http://fortresseurope.blogspot.com



Ricordiamo infine che da metà maggio è disponibile in tutte le librerie e direttamente presso l’editore Infinito edizioni il libro di Gabriele Del Grande, “Mamadou va a morire. La strage dei clandestini nel Mediterraneo”.

Lettera On. Tana de Zulueta

Gentile On.Tana de Zulueta,
Come Le accenavo il 11.05.07 alla conferenza su rifugiati Iraqeni organizata da CIR, la questura di Roma sta negando il rilascio del documento di viaggio, a tutti gli eritrei con permesso per motivi umanitari, dicendoli di andare nel ambascita del paese di origine, solo che succede questo se loro vanno nel ambasciata del paese di origine, l'ambasciata per rilasciare il passaporto chiede a questi cittadini che hanno chiesto asilo politico in Italia, di firmare una dichiarazione di ammissione di essere colpevoli per aver abbandonato il loro paese illegalmente, questo comporta, che un loro congiunto in eritrea deve pagare una somma ingente come indeniso allo stato, se non paga ce l'aresto finche non paga o il sequestro dei beni. il richiedente asilo qui in italia che ha presentato la richiesta di passaporto, dopo aver firmato la dichiarazione che lo condana, pero a pagare sono i suoi famigliari in eritrea, lui deve verssare per tutto il tempo che lui vivrà all'estero il 2% del suo stipendio allo stato eritreo, oltre a tutte le richieste di fondi che l'ambbascita fa ai cittadini eritrei in Italia.
per queste ragioni noi già più di un anno fa tramita l'on. Eletra Deiana, avevamo fatto presente questa situazione anomala alla questura di roma, sucessivamente la questura rilasciava questi documenti di viaggio, ora non sapiamo quali sono i motivi per cui non rilasciano più.
Un altra segnalazione che voglio fare e sulla situazione di richiedenti asilo a fiumiciono, ho racolto alcune testimonianza di persone rimaste bloccate per giorni senza capire le motivazioni, senza un mediatore culturale che le spiega le ragioni e le domande che la polizia di frontira li rivolge, una regazza etiope mi ha raccontato che rimasta 9 giorni a fiumicino dormendo in panchina nella sala transito bloccata dalla polizia, non parlava italiano non parla bane inglese, la polizia nel interogarla senza un tradutore lei non rispondeva perché non capiva, un polizioto l'apresa a schiafi, questi atti di violenza gratuita bisogna intervenire, questa regazza nel fratempo svenuta stata accompagnata in ospedale solo allora ha visto un mediatore. Io mi chiedo dove il diritto della persona ad essere informata dei suoi diritti e doveri? So che a fiumicino che uno sportello del CIR, che però non vengono informati tempestivamente della presenza di un cittadino straniero, richiedente asilo politico.
Grazie per la Sua disponiblita.
Mio recapito:
Mussie Zerai
Presidente dell'A.H.C.S
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://habeshia.blogspot.com

Lettera On. Mersedes Frias

Gentile On. Mercedes Frias,
Come lo accenavo il 03.05.2007 nella sede di CGIL, la questura di Roma sta negando il rilascio del documento di viaggio, a tutti gli eritrei con permesso per motivi umanitari, dicendoli di andare nel ambascita del paese di origine, solo che succede questo se loro vanno nel ambasciata del paese di origine, l'ambasciata per rilasciare il passaporto chiede a questi cittadini che hanno chiesto asilo politico in Italia, di firmare una dichiarazione di ammissione di essere colpevoli per aver abbandonato il loro paese illegalmente, questo comporta, che un loro congiunto in eritrea deve pagare una somma ingente come indeniso allo stato, se non paga ce l'aresto finche non paga o il sequestro dei beni. il richiedente asilo qui in italia che ha presentato la richiesta di passaporto, dopo aver firmato la dichiarazione che lo condana, pero a pagare sono i suoi famigliari in eritrea, lui deve verssare per tutto il tempo che lui vivrà all'estero il 2% del suo stipendio allo stato eritreo, oltre a tutte le richieste di fondi che l'ambbascita fa ai cittadini eritrei in Italia.
per queste ragioni noi già più di un anno fa tramita l'on. Eletra Deiana, avevamo fatto presente questa situazione anomala alla questura di roma, sucessivamente la questura rilasciava questi documenti di viaggio, ora non sapiamo quali sono i motivi per cui non rilasciano più.
Un altra segnalazione che voglio fare e sulla situazione di richiedenti asilo a fiumiciono, ho racolto alcune testimonianza di persone rimaste bloccate per giorni senza capire le motivazioni, senza un mediatore culturale che le spiega le ragioni e le domande che la polizia di frontira li rivolge, una regazza etiope mi ha raccontato che rimasta 9 giorni a fiumicino dormendo in panchina nella sala transito bloccata dalla polizia, non parlava italiano non parla bane inglese, la polizia nel interogarla senza un tradutore lei non rispondeva perché non capiva, un polizioto l'apresa a schiafi, questi atti di violenza gratuita bisogna intervenire, questa regazza nel fratempo svenuta stata accompagnata in ospedale solo allora ha visto un mediatore. Io mi chiedo dove il diritto della persona ad essere informata dei suoi diritti e doveri? So che a fiumicino che uno sportello del CIR, che però non vengono informati tempestivamente della presenza di un cittadino straniero, richiedente asilo politico.
Grazie per la vostra disponiblita.
Mio recapito:
Mussie Zerai
Presidente dell'AHCS
agenzia_habeshia@yahoo.it
http://habeshia.blogspot.com

La posizione di Amnesty sui rifugiati detenuti in Libia

PUBLIC AI Index: MDE 19/004/200708 February 2007UA 34/07 Forcible return/Torture and ill-treatmentLIBYA 430 Eritrean nationalsAccording to reports, 430 Eritrean nationals, including over 50 womenand children, are currently detained by Libyan authorities and arefacing imminent deportation to Eritrea. Reports suggest that theLibyan authorities may have beaten and raped or sexually abused somedetainees, and some detainees may even have died in custody as aresult of such torture or other ill-treatment.According to Amnesty International' s information, of the 430detainees, 130 detainees, including several women and children, aredetained at a detention centre in al-Marj, 1,000 km from the Libyancapital Tripoli, while the remaining 300 are detained in Misratah,about 200km from Tripoli.Most of the detainees are conscripts who fled Eritrea to avoidmilitary service. The right to conscientious objection is notrecognized in Eritrea and if returned they will be at high risk ofbeing arrested and tortured. Military service in Eritrea, which, inpractice, lasts for an indefinite period, is compulsory for women andmen aged 18 to 40, although the age limit for women was reportedlyreduced to 27. There are no military courts and military offenders arearbitrarily punished with torture – being beaten and tied for hours ordays in painful positions – and indefinite incommunicado detention inharsh conditions.Groups of refugees who were forcibly returned to Eritrea from Libya in2004 and from Malta in 2002 were held incommunicado upon theirarrival. Many were tortured and some died while in custody. AmnestyInternational documented their treatment in its report Eritrea: `Youhave no right to ask' – Government resists scrutiny on human rights(AFR 64/003/2004, May 2004). In August 2006, 300 Eritreans weredetained in Libya and threatened with deportation. It however appearsthat they were not deported although the whereabouts of some of themremains unknown (see UA 225/06, MDE 19/004/2006, 24 August 2006).Libya is a state party to the International Covenant on Civil andPolitical Rights and the Organization of African Unity (OAU – now theAfrican Union) Convention on the Specific Aspects of Refugee Problemsin Africa, both of which oblige the authorities not to return anyoneto a country where they would be at risk of serious human rightsviolations, including torture. The United Nations High Commissionerfor Refugees (UNHCR) has recommended that even rejected asylum-seekersshould not be forcibly returned to Eritrea. It is not clear that thesedetainees have been allowed access to UNHCR officials in Libya or anyopportunity to formally apply for asylum.BACKGROUND INFORMATIONOn 21 July 2004, Libyan authorities deported 110 Eritrean nationals,most of them asylum seekers fleeing military conscription, back toEritrea, reportedly at the request of the Eritrean authorities. Onarrival in Eritrea they arrested, tortured and detained incommunicadoin secret military prisons. On 27 August 2004, the Libyan authoritiesattempted to deport a further 76 Eritrean asylum seekers, includingsix children. The plane was, however, hijacked by some of thepassengers and landed in Sudan. All passengers, except for thehijackers, were given refugee status in Sudan.RECOMMENDED ACTION: Please send appeals to arrive as quickly aspossible, in English or your own language:- calling on the Libyan authorities not to forcibly return anyEritrean nationals to Eritrea, where they would be at risk of torture,as well as indefinite detention without charge or trial;- reminding the Libyan authorities that they have signed theInternational Covenant on Civil and Political Rights and the 1969Organization of African Unity Refugee Convention, both of which obligethem not to forcibly return anyone to a country where they would be atrisk of serious human rights abuses such as torture, as would be thecase in Eritrea;- calling for all Eritreans detained in Libya to be treated humanelyand given immediate access to the Office of the UN High Commissionerfor Refugees (UNHCR) in Tripoli to enable them to apply for protectionif they wish to do so.APPEALS TO:Head of StateColonel Mu`ammar AL-GADDAFIOffice of the Leader of the RevolutionTripoliGreat Socialist People's Libyan Arab JamahiriyaSalutation: Your ExcellencyPrime MinisterDr Al-Baghdadi Ali AL-MAHMOUDISecretary of the General People's CommitteeSecretariat of the General People's CommitteeTripoliGreat Socialist People's Libyan Arab JamahiriyaEmail: via the form on the government of Libya's webpage (in Arabiconly): www.gpc.gov. ly/online/ contactus. php(The form reads as follows:1- Name; 2- Email address; 3- to: (please pick the first one)TheBrother, head of the General Public Committee, Dr. al-Baghdadi Alial-Mahmoudi; 4- content; 5- send)Salutation: Your ExcellencyJustice MinisterMr Mustafa Muhammad ABDELJALILSecretary of the General People's Committee for JusticeSecretariat of the General People's Committee for JusticeTripoliGreat Socialist People's Libyan Arab JamahiriyaEmail: secretary@aladel. gov.ly Salutation: Your ExcellencyCOPIES TO:Foreign MinisterMr Abd al-Rahman Mohamed SHALGAMSecretary of the General People's Committee for Foreign Liaison andInternational CooperationSecretariat of the General People's Committee for Foreign Liaison andInternational CooperationTripoliGreat Socialist People's Libyan Arab Jamahiriyaand to diplomatic representatives of Libya accredited to your country.PLEASE SEND APPEALS IMMEDIATELY. Check with the InternationalSecretariat, or your section office, if sending appeals after 22 March2007.

Fessehaye Yohannes Giornalista

Eritrea: lo scrittore e giornalista Fessehaye Yohannes, soprannominato "Joshua", sarebbe morto in carcere9 febbraio 2007 - Fonte: Reporters sans frontières - sezione ItaliaIl poeta e drammaturgo Fessehaye Yohannes, soprannominato "Joshua", giornalista del settimanale “Setit”, chiuso dalle autorità, sarebbe morto in carcere l’ 11 gennaio 2007. Reporters sans frontières ne è stata informata da fonti eritree attendibili, ad Asmara e all’estero. "La morte di Fessehaye Yohannes rappresenterebbe una terribile tragedia, resa ancora più insopportabile dalla compiacenza manifestata dai governi europei nei confronti dell’Eritrea. Questo Stato non può essere considerato e trattato come gli altri stati perché è responsabile dell’arresto e dell’imprigionamento di innumerevoli cittadini innocenti. E’ necessario dimostrare fermezza. Dobbiamo esigere che il governo eritreo ci dia le prove che Joshua non è morto o che, almeno, restituisca il suo corpo alla moglie e ai suoi due figli. Vorremmo inoltre sapere se i giornalisti Medhanie Haile, Said Abdulkader e Yusuf Mohamed Ali sono ancora in vita. Che il governo eritreo ci dica dove sono tenuti prigionieri questi giornalisti e che paghi per tutti i crimini che ha commesso, nella più completa impunità, dal 2001", ha dichiarato l’organizzazione. Affetto da difficoltà motorie e con una mano paralizzata, Fessehaye Yohannes sarebbe morto a seguito dei maltrattamenti subiti in prigione dopo il suo arresto avvenuto nel settembre 2001. Dopo essere stato ricoverato più volte nell’ospedale Halibet e nell’ospedale Sembel di Asmara, Joshua è stato riportato nel centro di detenzione di Eiraeiro, in una zona desertica nord-orientale del Paese. Secondo le informazioni ricevute da Reporters sans frontières, Joshua era detenuto nella cella numero 18 di questo penitenziario, nel quale almeno 62 prigionieri politici sono tenuti in isolamento, in condizioni disumane, sorvegliati da un centinaio di soldati della 32esima divisione.Dal commissariato al penitenziarioFessehaye Yohannes si era consegnato alla polizia nella settimana del 18 settembre 2001, dopo l’arresto di una decina di suoi colleghi e di numerosi oppositori politici, e dopo la « sospensione » decisa dalle autorità della stampa privata del Paese. Nell’aprile 2002, dopo aver iniziato uno sciopero della fame per poter essere giudicati da un tribunale, dieci giornalisti sono stati trasferiti in alcuni centri di detenzione ancora sconosciuti. Con le mani legate 24 ore su 24, i detenuti di Eiraeiro vengono alimentati con pezzetti di pane, lenticchie, spinaci o patate. Sono rasati (capelli e barba) una volta al mese. Le celle sono prive di letti e materassi : i prigionieri sono costretti a dormire per terra. Nessun contatto tra i detenuti o tra un detenuto e una guardia è autorizzato. Sulla base di informazioni pervenute da fonti attendibili, Reporters sans frontières aveva già dichiarato, nel novembre 2006, che Said Abdulkader, capo redattore e co-fondatore del settimanale Admas, Medhanie Haile, vice capo redattore e co-fondatore del settimanale Keste Debena, e Yusuf Mohamed Ali, capo redattore del settimanale Tsigenay, sarebbero morti, nel 2005 e nel 2006, nel centro di detenzione. La prigione di Eiraeiro è diretta dal luogotenente-colonnello Isaac Araia, soprannominato "Wedi Hakim", ex comandante della 2a brigata della 29esima divisione. Prima di essere trasferito a Eiraeiro, Fessehaye Yohannes è stato detenuto nel commissariato della polizia numero 1, a Asmara. Nell’aprile 2002, dopo l’inizio del suo sciopero della fame, è stato trasferito nel penitenziario sotterraneo di Dongolo. "Dongolo è una prigione composta da celle di un metro e mezzo di larghezza e di 2,5 metri di altezza", ha riferito un ex prigioniero, compagno di Fessehaye Yohannes, a Reporters sans frontières. "Una lampadina nella cella è tenuta accesa 24 ore su 24. I prigionieri sono incatenati al muro e le loro mani sono sempre legate.” Il prigioniero ha inoltre raccontato che, Fessehaye Yohannes, già fortemente indebolito dallo sciopero della fame, è stato barbaramente interrogato dal colonnello Gaim Tesfemichael e dal colonnello Simon Ghebregindil. Durante l’interrogatorio, le guardie gli hanno strappato le unghie. Nato il 19 settembre 1958, Fessehaye Yohannes era sposato e padre di due bambini di cinque e sei anni. Dopo aver combattuto durante la guerra d’indipendenza contro l’Etiopia, Joshua è diventato una delle figure più carismatiche del mondo politico e mediatico dell’Eritrea. Poeta, drammaturgo, Joshua ha inoltre contribuito alla creazione di “Setit”, il settimanale più letto nel Paese prima del black-out del settembre 2001.
Coordinamento Democratici Eritrei in Italia
Coordination Committee Eritrean Democrats in Italy
(CCDEI)

Eritrea di Oggi

AMNESTY INTERNATIONAL
Dichiarazione pubblica
21 dicembre 2006

Eritrea: arrestati 500 parenti di disertori*

Il governo eritreo, facendo ricorso a misure di punizione collettiva, ha arrestato più di 500 familiari, per la maggior parte genitori, di ragazzi e ragazze che hanno disertato l’esercito o si sono sottratti alla leva. Amnesty International condanna con fermezza queste detenzioni arbitrarie. L’organizzazione chiede alle autorità eritree di rilasciare immediatamente queste persone o formalizzare accuse ben circoscritte per poi processarle, in tempi ragionevoli, in piena conformità con gli standard internazionali sul processo equo.

Quest’ondata di arresti è iniziata il 6 dicembre 2006 nella regione di Asmara, la capitale. Nessuna delle persone arrestate è stata accusata di un reato o condotta in tribunale entro le 48 ore previste dalla Costituzione e dalla legislazione dell’Eritrea. Le autorità hanno stabilito che i detenuti devono o convincere gli arruolati assenti a presentarsi all’appello o pagare una multa di 50.000 nafka (circa 1.200 US $). I parenti che non lo faranno saranno costretti a prestare sei mesi di servizio nell’esercito al posto dei loro familiari.

Il principio della responsabilità penale individuale, secondo il quale nessuno può essere passibile di sanzione per un atto di cui non è personalmente responsabile, è un principio fondamentale del diritto ripreso dalla legislazione internazionale sui diritti umani. Questi arresti violano tale principio e, in particolar modo, il diritto alla libertà e alla incolumità della persona e il diritto a non essere arbitrariamente arrestati e detenuti, riconosciuti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (International Covenant on Civil and Political Rights = ICCPR) e dalla Carta Africana dei diritti umani e dei popoli, di cui l’Eritrea è stato parte.

Gli arresti rivelano l’accentuarsi da parte delle autorità eritree dell’impiego di sanzioni arbitrarie e punitive nei confronti della società civile, di gruppi religiosi e di difensori dei diritti umani.

Nove giornalisti che lavoravano per il servizio pubblico di comunicazione sono stati arrestati e otto di loro sono ancora detenuti ad Asmara sotto il controllo della polizia. In ottobre, sono stati arrestati più di 150 membri delle chiese evangeliche, portando così a più di 2.000 il numero delle persone incarcerate in Eritrea per il loro credo religioso. Tutti gli arrestati sono rimasti in detenzione in isolamento senza incriminazione né processo. Amnesty International li considera prigionieri di coscienza, incarcerati solo per aver svolto il proprio lavoro ed espresso le proprie convinzioni religiose in modo pacifico. Inoltre, questa diffusa repressione da parte dello Stato viola gli impegni che obbligano l’Eritrea, Stato parte della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e della Carta Africana dei diritti umani e dei popoli, al rispetto del diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di professione religiosa e del diritto alla libertà di espressione.

Situazione generale
Dopo la guerra tra l’Eritrea e l’Etiopia (1998 – 2000), migliaia di giovani uomini e donne sono fuggiti dall’Eritrea per sottrarsi al servizio militare o dopo aver disertato l’esercito e hanno cercato asilo in Sudan o in altri paesi. Il servizio militare nazionale, obbligatorio per tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 40 anni, uomini e donne, è stato esteso a tempo indeterminato dagli originari 18 mesi previsti nel 1994. Consiste in un servizio militare attivo e in un lavoro alla costruzione di opere legate all’esercito. Il diritto all’obiezione di coscienza non è riconosciuto dalle autorità eritree. Vengono organizzate frequenti retate per catturare renitenti alla leva e disertori. La detenzione arbitraria e a tempo indeterminato, la tortura o altri maltrattamenti sono regolarmente utilizzati come punizione per la renitenza alla leva, la diserzione e per altri reati militari.
Le organizzazioni umanitarie internazionali non-governative (ONG) hanno incontrato sempre maggiori difficoltà nel portare avanti le loro attività a causa di provvedimenti presi dalle autorità eritree. Solo nel 2006, 11 organizzazioni sono state espulse dall’Eritrea e costrette a sospendere il loro lavoro nel paese.

Traduzione di Maria Teresa Vedana de Riz
Revisione di Annalisa Rosselli
Servizio Traduzioni della Sezione Italiana
* Eritrea: Over 500 parents of conscripts arrested AI index: AFR 64/015/2006 (public)

Fortress Europe

Fortress Europe December 2006 Report
114 migrants died along Eu border during the last month, 108 of them off Senegal and Canary island, 1 in Malta and 3 off Turkey, then 2 people asphyxiated on a truck where they were hidden on a ferry sailing to Italy. From 1988 at least 5,856 people have died trying to emigrate illegally to European CountriesROME - The last month of 2006 gives only tears to the relatives of at least 114 young people left to Europe and drowned with their illegal hope. So many people – according to Fortress Europe – died along the Eu borders at December. Sailing from Senegal to the Canary islands 108 migrants lost their life, one victim in Malta and 3 off Turkey, then 2 people asphyxiated on a truck in which they were hidden on a ferry sailing to Italy. Four others people died in 3 different migrants detention centers in Italy, France and Russia. According to our press review at least at least 5,856 migrants have died along Eu frontiers from 1988, among them 1,949 are missing in the sea.17th Decembers. Yoff beach, near Dakar, Senegal. 25 ghosts come out from the night of the sea on a pirogue. They are the only survivors among 127 adventuriers who left Casamance, at the border with Guinea Bissau, two weeks before sailing to Canary islands. A longer but safer route, because of the sea patrollings off Dakar and Saint Louis. A storm capsized two times the wood and the waves swallowed who were not able to swim. Then other people died after two weeks to the drift without any provisions aboard. The grigri which the villages marabù gave them to assure themselves spirits protection, failed against the sea might. A week before Dakar counted others 4 victims after another pirogue shipwreck, while the 7th December two young people died for hypothermia, after their arrival in Canary islands. 108 deaths in thirty days is not little. >From 1988 at least 1,726 migrants drowned trying to reach Spain and Canary, 868 only during 2006. Spanish government speaks of about 6,000 victims. Alarming figures which shout the responsibilities of the European and Africans Governments, deaf to thousands of illegal migrants reasons, always accused of an invasion that simply doesn’t exist.Madrid insists on the 31,000 arrivals to Canary during 2006, a record comparing with the only 5,000 of 2005. But behind the alarmism a different truth is hidden. In 2005 Spain regularized 690,000 illegal immigrates: 20% were Ecuadoregni, 17% Rumanians and 12% Moroccans, followed by Colombians, Bolivians and Bulgarians. Sub-Saharian Africa - from which everyone would fear the invasion - did not exceed 4% of the demands. The same happened in Italy. In the 2002 regularization 134,000 of the 646,000 demands were from Rumanians people, them 101,000 from Ucrainans, 48,000 from Moroccans and Albanians and 34,000 from Ecuador.Italian Internal Affairs Ministry figures help to solve the problem. In 2006 the 63% of immigrate without any residence permit entered in Italy with a tourist visa then expired, and then another 24% arrived from other Schengen Countries profiting of open inner Eu frontiers. The 20,000 arrived by boat in Sicily in 2006 (they were 19,000 in 2005) so represent no more than 13% of all the illegal entries. Actually the mechanisms of legal entry for job reasons doesn’t work. But differently from the others Countries, in Africa the possibilities to obtain a tourist visa are almost null for the candidates to immigration. This is the reality, but Europe prefers keep on speaking about “pressure without previous” and spending millions euro for the repression of an invasion that there isn’t.One billion and 820 million euro are not little. This is the budjet for the next seven years in order to control the external frontiers of the European Union. It is nearly one half of all migration resources of the budget just approved by the European Parliament. In the game Frontex, the European agency for the control of the frontiers, won a double income for 2007, 340 millions euro (170 millions in 2006), with the declared goal to create a permanent system of coast patrolling in the south of Europe. This is the goal of the 6 month extension of Hera mission in Senegal, operating from the 7 september 2006, as of the pressures on Tripoli for a joint operation along Libyan coasts the next summer.Spain, which spent 45 millions euro in 2006 in order to repatriate by flight about 4,400 Senegaleses, has just reached an agreement with Morocco for children repatriation. On the same time Italy has renewed the cooperation with Tunisia for Sicily Channel patrolling. Similar agreements by now are part of all the diplomatic relations of Europe with the belt of Countries from Turkey to Gambia, passing for all the Maghreb, Mauritania and Senegal. Aids in exchange for patrolling the European external frontiers. A engagement that is often translated in arbitrary detention and collective deportations, many times in degrading conditions.The Migreurop net reported that in the dawn of 23 December about 300 migrants were arrested in a police raid in different quarters of Rabat, in Morocco. The same happened the 25 December in Nador, at the doors of Melilla Spanish enclave. Migrants were then deported to the frontier with Algeria, at Oujda. Among them there were also asylum seekers and refugees under the protection of United Nation High Commissariat for Reefugees in Morocco, which did nothing to stop these collective deportations, going on since Ceuta and Melilla repression the last year. Also in Algeria deportations to Mali border are going on and hundreds of migrants are abandoned in Tinzanwatin village, in the middle of the Sahara desert. In Libya, already accused of arbitrary detention and tortures from Human Rights Watch and Afvic (Amis Et familles Des victimes de l’immigration clandestin), collective deportations are continuing. According to an official notice of Habeshia Agency, 400 Eritreans citizens detained in Al-Kufrah prison, a structure at the border with Sudan financed by Italy, would risk to being expelled and then emprisoned at their arrival in Eritrea. Some of them would risk also the death “for the political role which they had”. In 2003 Tripoli deported to Asmara 181 persons, upon request of the Eritrean president Iseya Afewerki, “there is no news of these persons until now”, according to Habeshia and Amnesty International.Turkey situation is different. Ankara threats not to be of the game if Athens will continue to expel in Turkey irregular migrants found in Greece and if Eu does not participate to expenses, told Mehmet Terzioglu from the Turkish Ministry of the Interior, maybe referring to Karaburun case, when to the dawn of the 26 september 8 people drowned 400 meters from the seaside of the Turkish city, after Greek Armed Forces – which arrested them in Hiyos Greek island – threw them in the sea. It is not the first time. According to Ankara the Greek Coastgard would have abandoned in Turkish territorial waters at least 5,800 illegal migrants from 2003 to 2006. On the routes between Turkey and Greece, in the Aegean sea, at least 452 persons have lost the life, last 2 Decembers, 3 people were missing off Edremit after a shipwreck.Two days later in Marseilles, in France, a turkish guy, Kazım Kustul, 22 years old, committed suicide in a migrants detention centre. He used to live in France from 2003 and was arrested to be deported. Its is not an isolated case. The 9th December, a forty-years old Bulgarian detained in Italy, in the Lamezia Terme (Catanzaro) center hung himself. And the 2nd December in Russia Manana Dzhabelia, 51 years, Georgian, arrested as illegal migrant, died of infarct. She suffered from diabetes, and probably would have been saved if helped in time, denounced the associations that remember a similar case in the month of October. Collaterals effects of administrative detention. The 28th December 1999 six people died after Trapani detention centre, in Italy, took fire. The Prefect Leonardo Cerenzia was acquitted. In the seventh anniversary of the tragedy, Sicily antiracist forum demonstrated in front of the detention center in order to remember, because memory doesn’t vanishe.They are still there instead the ghosts of the 283 victims of 1996 Christmas shipwreck. In the tenth anniversary of the greatest tragedy of the Mediterranean of the post-war period their rests remain buried under 106 meters of sea 20 miles off Porto Palo (Sicily), blocked in the F-174 hold, sank with its passengers after a crash with traffickers boat Yohan that made it sink. Traffickers than escaped in Greece with few survivors. Melting Pot dedicates a special to a crime that thanks to the witness of the survivors, the evidence of a fisherman and the investigation of a journalist came out from the oblivion in 2001 when Giovanni Maria Bellu showed the images of the boat at the bottom of the Sicily Channel. The trial is still open. The shipowner and the captain are accused of voluntary manifold homicide.There will be justice? Difficult to say it in a Country, Italy, where boat helping Sicily Channel shipwrecked risk to be arrested rather than traffickers, as sadly teachs Cap Anamur case, a humanitarian german boat which in July 2004 rescued 37 people from the sea and today is accused in a trial of agravated abetting of illegal migration

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